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Il 41° Festival della Valle d'Itria inaugura con l'opera inedita Le Braci, di Marco Tutino. Una storia che racconta non solo i tormenti di un'amicizia, ma la crisi del sogno europeista

Il 41° Festival della Valle d'Itria inaugura con l'opera inedita Le Braci, di Marco Tutino. Una storia che racconta non solo i tormenti di un'amicizia, ma la crisi del sogno europeista
Ph. Marta Massafra per il Festival della Valle d'Itria A volte accusato di essere lontano dalle vicende umane, il Festival della Valle d’Itria apre questa quarantunesima edizione con un’opera, Le Braci per l’appunto, che, a mio parere invece, è davvero emblematica del momento storico che stiamo vivendo, per almeno due motivi: da una parte le ambientazioni evocate, dall’altra il fallimento dell’europeismo. Le Braci, rappresentata per la prima volta a Palazzo Ducale lo scorso 15 luglio, è stata commissionata dal Festival stesso e dalla Fondazione del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino al compositore contemporaneo Marco Tutino, che ha messo in musica l’omonimo romanzo del 1942 di Sándor Márai, scrittore ungherese del secolo scorso, e che racconta la storia di un’amicizia, quella tra Henrik e Konrad, messa a repentaglio dall’amore di una donna, la bella Kristina. Un triangolo amoroso dei più banali, se non fosse per l’inevitabile paragone tra le piccole vicende umane, che poi non sono altro che quelle degli uomini, di un continente, dell’Europa stessa. E’ così che ritroviamo Henrik, ormai ottantenne, nel suo castello fatiscente in attesa di Konrad, suo amico di gioventù, che non vede ormai da moltissimi anni, per l’esattezza da una battuta di caccia durante la quale, l’ormai anziano ufficiale, ebbe l’impressione che l’amico fosse intenzionato ad ucciderlo, probabilmente perché innamorato di sua moglie Kristina. Henrik è un uomo al termine della vita che cerca risposte, di nobili natali non si è mai mosso dalla sua dimora; Konrad, al contrario, non avendo una stabilità economica su cui contare, negli anni aveva girato il mondo; Kristina probabilmente aveva amato entrambi, ma poi aveva scelto la sicurezza di una vita agiata tra le braccia di Henrik. E’ così in un oscillante andirivieni tra i fasti delle corti asburgiche e la decadenza di un’Europa dilaniata dalle Grandi Guerre, si snodano le vicende dei tre protagonisti, attraverso continui flashback, fra l’angoscia del tempo che passa e la nostalgia di un giro di valzer. Devo dire che l’opera di Tutino in sé per sé non mi ha assolutamente entusiasmato, né per musica né per libretto, nonostante l’interessante lavoro registico del martinese Leo Muscato, le belle scene di Tiziano Santi, e la bravura degli interpreti, nomi importanti della lirica, tra cui Alfonso Antoniozzi e Roberto Scandiuzzi, rispettivamente Konrad ed Henrik da vecchi. Ma, per quanto i reparti possano lavorare con professionalità e impegno, la materia prima fornita da Tutino si è rivelata un po’ deludente, così come il finale a sorpresa, rivoluzionato rispetto all’originale del romanzo, che, nonostante il colpo di scena, svilisce l’importante parallelo con la Storia, quella che ci coinvolge tutti, che racconta di questa Europa che, a cent’anni dall’inizio della Prima Guerra Mondiale, dovrebbe far da maestra virtuosa di pace, e che invece vacilla. Così come testimoniano le cronache recenti riguardanti il Parlamento Europeo e la questione greca, ci sono profonde divisioni tra i nostri popoli e questo continente conserva ancora un’anima ambivalente, se non ambigua, legata a quello che eravamo, ma che non punta a ciò che potremmo essere, nell’interesse dei pochi si sacrifica il futuro dei molti, alla ricerca di risposte e di verità che in fondo già conosciamo. Insomma siamo vecchi e provati e ancora non abbiamo imparato nulla? La seconda e ultima replica de’ Le Braci andrà in scena il prossimo 1° agosto a Palazzo Ducale, a dirigere l’Orchestra Internazionale d’Italia il M° Francesco Cilluffo. Angela Maria Centrone

16/07/2015 17:39
Angela Maria Centrone

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