Tredici gol dalla bandierina
di Ettore Castagna
Rubbettino, Velvet, 2018
La pista del libro incrocia letture e dialogo con il pubblico a musiche e canzoni eseguite dallo stesso autore, canzoni d'autore degli anni '70 e '80 tradotte in dialetto calabrese ed arrangiate per chitarra battente, strumento antico e affascinante.
Tredici gol (veramente) segnati dalla bandierina fra il 1974 e il 1981 sono la metafora e la parabola di una giovinezza intera. Quella di un ragazzo di Catanzaro che sogna vita, musica e rivoluzione rivolgendosi alla presenza quotidiana e mitica di Massimeddu (Massimo Palanca), leggendaria ala sinistra del Catanzaro di quegli anni.
Un’intera città e un’intera regione, da sempre ai margini della vita nazionale, vivevano le gesta sportive di Palanca come un momento di riscatto e, per molti ragazzi degli anni ’70 calabresi, Palanca diviene il piccolo Mao-Tze-Tung del tiro a effetto, l’ala sinistra di sinistra, il leader capace di far sognare. Con lui cerca un dialogo irreale Vito Librandi, uno dei ragazzi del ’77 calabrese, mentre lo scenario della sua vita si sviluppa lungo la linea d’ombra della nascita, della crescita e del declino del grande movimento giovanile antagonista degli anni ’70, un fenomeno unico in tutta l’Europa occidentale.
E’ la Rivoluzione vista e sognata dalla provincia, con quel filo di ironia e surrealtà che trasforma in leggenda minore la quotidianeità dei meridionali a segnare la sua vita e la sua formazione. Probabilmente anche il suo futuro.
Tutto si discute e si trasforma nella luce irregolare e travolgente di quegli anni: l’amore, la politica, l’impegno civile, la coppia, la libertà sessuale.
Il fondale è quello degli anni '70 e i primi anni '80 nel quale i ragazzi del '77 vivono una trasformazione più grande delle loro forze ma hanno la caparbietà e il coraggio di coltivare idee e progetti.
Un’immagine diversa e molto contemporanea di quello che è un Sud spesso considerato solo periferia e che, invece, qui si presenta tutto come laboratorio sentimentale, culturale, generazionale.
Un racconto agrodolce nel quale illusioni e disillusioni di una generazione intera che cerca di salvarsi dalla certa condanna all’emigrazione, vengono filtrate dentro un orizzonte simbolico nel quale la vita provinciale di una classe di liceo e gli eventi calcistici trovano una fusione e un equilibrio bello e imperfetto.
Che non potrà durare.
A seguire proiezione a cura di Cineclub Formiche Verdi del film Il mundial dimenticato
Uno scheletro umano ritrovato in mezzo ai dinosauri fossili negli scavi paleontologici di Villa El Chocon, nella Patagonia Argentina. Al suo fianco, una macchina da presa modello anni '40 ha conservato per quasi sessant'anni un documento di inestimabile valore storico: le riprese della finale del Campionato Mondiale di Calcio giocato in Patagonia nel 1942, a migliaia di chilometri di distanza da un'Europa impegnata a fronteggiare la minaccia del nazismo. Una tappa della storia del calcio mai riconosciuta dagli organi ufficiali dello sport e per decenni rimasta avvolta dal mistero, anche a causa della tremenda alluvione che si abbatté sulla Patagonia il giorno della finale (il 19 dicembre del '42), provocando il crollo dello stadio i cui resti sono ancora oggi sommersi dall'acqua.
Più che un semplice documentario sportivo, il film di Lorenzo Garzella e Filippo Macelloni, già autori brillanti di Rimet - L'incredibile storia della Coppa del Mondo (2010), è un viaggio entusiasmante nel cuore della Patagonia di ieri e di oggi che svela un sentimento agonistico genuino e patriottico ormai sconosciuto al mondo del calcio globalizzato e mercificato di oggi. Un sentimento difeso con orgoglio nazionale e sportivo da 12 squadre rappresentative di altrettanti Paesi, schierate in campo dal delirante e visionario Conte Otz deciso ad organizzare a tutti i costi quei Mondiali di calcio che la guerra in corso fece saltare per due edizioni. Tanto che, nel leggendario campionato del 1942 giocato in Patagonia, alle squadre ufficiali dei Paesi in competizione si sostituirono altrettante squadre composte non da giocatori professionisti ma da immigrati. Operai, minatori, ingegneri, militari e pescatori, esiliati e rivoluzionari in fuga, giunti in America del Sud da ogni parte del mondo per costruire un'importante diga in mezzo al deserto. Come racconta Antonio Battilocchi, a sua volta immigrato e giocatore della "Nazionale" azzurra del 1942, al fianco di due soli professionisti ingaggiati con una colletta dalla comunità italiana: Puricelli e Bernini, ovvero il "toro" e il "pavone". Ma Il Mundial dimenticato è ancora qualcosa di più. Un viaggio indietro nel tempo, nella storia delle nazioni e degli uomini, reso possibile dalle invenzioni di un personaggio eccentrico e straordinario come Guilliermo Sandrini, ex fotografo di matrimoni e cineoperatore di provincia, di origini italiane, con la passione di inventare e sperimentare. Ingaggiato dal Conte Otz per filmare il grande evento, reinterpretando in chiave pacifista e interraziale il lavoro di Leni Riefensthal, regista del regime nazista che con il suo film sui Giochi Olimpici di Berlino del '36 aveva già rivoluzionato il modo di ritrarre la plasticità del gesto sportivo. Ed è proprio attraverso la figura di Sandrini, cui appartengono i resti ritrovati accanto alla preziosa cinepresa, che il documentario di Garzella e Macelloni si ammanta di fascino e curiosità. Dalle sue invenzioni sorprendentemente intuitive (il "cine-casco", la "camera fluttuante", la "trampilla" e la "cine-pelota"), adattate ai movimenti delle partite di calcio, al suo amore forse mai confessato per la fotografa Helena Otz, figlia del Conte e artista dell'avanguardia europea, al centro del triangolo amoroso con il soldato tedesco Klaus Kramer, mandato in Patagonia da Hitler come "infiltrato" ai campionati, e il giocatore Mapuche ricordato come la "tigre" della squadra indigena. Sport, amore e guerra, cinema e invenzione, natura e scienza fanno de Il Mundial dimenticato un piccolo gioiello di documentazione creativa, al confine con il surreale e la leggenda. Ripuntando i riflettori su una storia che ha dell'incredibile
Web:
www.suonidellamurgia.net