Io mi sento ebrea - Testimonianza di Silvia Godelli. Giornata della Memoria 2020
Cittadinanza attiva
Incontri culturali
In Italia, una legge approvata dal Parlamento il 20 Luglio 2000, istituisce il 27 gennaio la “Giornata della Memoria”: una commemorazione pubblica non solo della Shoah, ma anche delle leggi razziali approvate sotto il fascismo, di tutti gli italiani, ebrei e non, che sono stati uccisi, deportati, imprigionati, e di tutti coloro che si sono opposti alla ‘soluzione finale’ attuata dai nazisti. Questa legge prevede l’organizzazione di cerimonie, incontri, eventi commemorativi e di riflessione, con lo scopo di non dimenticare mai questo momento drammatico del nostro passato, affinché “simili eventi non possano mai più accadere”.
A Taranto quest'anno l'evento più importante sarà l'incontro con Silvia Godelli, la cui famiglia, portata dal destino in Italia a Fiume, è stata segnata dal dramma della perdita delle origini, della casa, delle relazioni personali, della sofferenza d’identità. Originaria della Transilvania, la famiglia di Ignatz Goldstein, costretta dal regime fascista, ha dovuto innanzitutto italianizzare il proprio cognome, diventando Godelli dal cognome della mamma Clara Godel, per poi essere segnata dalle persecuzioni. Sopravvissuti, e migrati tre fratelli su quattro si trasferirono in Israele.
"Provengo per parte di padre da una famiglia di ebrei di madrelingua ungherese (di cognome Goldstein) che migra dalla Transilvania a Fiume nel 1929. Mio padre studia nella Università di Padova e si laurea in Lettere. A partire dal 1938, con l'arrivo delle leggi razziste, la vita familiare viene sconvolta; la cittadinanza italiana viene revocata, e negli anni successivi l'intera famiglia, tra deportazioni, internamenti e fughe, si disperde.
Sopravvissuti tutti, seppur attraverso vicende drammatiche, e ritrovatisi mediante le liste della Croce Rossa, cercano un nuovo destino con l'emigrazione in Israele di gran parte della famiglia, mentre mio padre si ferma in Puglia, sposa una cattolica, e insegna in una scuola media. Muore a soli 64 anni.
Io sono nata nel 1947. Ho studiato a Bari, ho insegnato Psicologia per 40 anni nella Università di Bari e ho avuto una vita politica attiva nel PCI. Impegnata nelle istituzioni, in qualità di indipendente dopo lo scioglimento del PCI, per 15 anni sono stata consigliere regionale della Puglia occupandomi di Sanità, e per altri 10 anni, in qualità di assessore regionale nella amministrazione di Nichi Vendola, mi sono occupata di Cultura, di Turismo e di Cooperazione con i Paesi del Mediterraneo.
Io mi sento ebrea. Da sempre. E cioè sento che le mie radici, quelle più profonde, quelle costitutive del mio essere, derivano da un passaggio intergenerazionale di valori, di cultura, di etica, di sentimenti di giustizia che sono quelli dell'ebraismo. E questo patrimonio mi aiuta anche a sopportare e a elaborare la trasmissione emozionale dei traumi che hanno segnato la mia famiglia di origine.
Sono orgogliosa del mio ebraismo e mi sento vicina a Israele, dove ho vissuto e lavorato per alcuni periodi della mia vita è dove ho tutti i miei parenti di parte paterna.
L'identità ebraica è complessa: tradizione religiosa, valori laici, cultura, sentimento di appartenenza, memoria delle persecuzioni, amore per Israele si intrecciano in modo inestricabile, e danno fondamento a un sentire comune che lega gli ebrei ovunque essi siano, nonostante le tante differenze storiche, sociali e culturali.
Non sono iscritta a nessuna Comunità perché sono di madre cattolica. Ma ho assai spesso collaborato con l'UCEI per iniziative culturali e istituzionali e cerco di mantenere tutti i contatti possibili.
Ci si può sentire pienamente ebrei pur avendo una madre non ebrea oppure, in altri casi, avendo una ascendenza marrana. Sentirsi ebrei vuol dire essere profondamente attraversati da un inconfondibile, e irrinunciabile, sentimento di appartenenza".
Taranto (Taranto)
Salone degli Specchi
Piazza Municipio, 6,
ore 17:00
ingresso libero
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