“Affogati” – Mostra fotografica di Emiliano Bartolucci
Teatro Portaportese, Roma | 24 maggio – 23 giugno 2025
Dal 24 maggio al 23 giugno 2025, gli spazi del Teatro Portaportese di Roma ospitano Affogati, mostra fotografica di Emiliano Bartolucci, autore e fotografo indipendente, da anni impegnato in una ricerca visiva sul paesaggio come luogo dell’interiorità.
Il progetto si concentra sui laghi del Lazio, immersi nella nebbia e nel silenzio, catturati in ventisei scatti che restituiscono un’atmosfera sospesa, quasi metafisica. Tra solitudine e memoria, Affogati esplora il confine tra natura e abbandono, componendo una narrazione poetica e spettrale dei luoghi.
La mostra sarà visitabile tutti i giorni negli orari di apertura del Teatro Portaportese (Via Portuense 102, Roma). L’ingresso è gratuito.
Sito dell’artista:
https://sites.google.com/view/emilia
nobartolucci
Contatti stampa:
emiliano.bartolucci@gmail.com
Scarica il catalogo della mostra:
https://archive.org/details/Affogati
Affogati – Mostra fotografica
Teatro Portaportese, Roma | 24 maggio – 23 giugno 2025
C'è un confine che separa il visibile dal percepito, e in Affogati quel confine si scioglie, si diluisce come nebbia sull’acqua. Le immagini non descrivono un paesaggio, lo attraversano. Non documentano luoghi, li ascoltano. È un viaggio tra i laghi del Lazio che non si accontenta dello sguardo: cerca ciò che lo sguardo spesso ignora. Il silenzio, l'assenza, la sospensione.
In ventisei fotografie in bianco e nero, realizzate con lente fissa e approccio analogico, prende forma un racconto visivo essenziale e rigoroso. I soggetti sembrano dissolversi, le rive scompaiono, il tempo si ritrae. Ogni immagine è una soglia: non spiega, ma trattiene. Non mostra, ma lascia emergere.
Affogati non è una mostra sul paesaggio, ma un tentativo di ascolto attraverso il paesaggio. La nebbia diventa elemento attivo della visione, una pelle sottile che vela e rivela. C’è un desiderio di sottrazione che si fa poetica visiva: togliere per dire, lasciare spazio perché qualcosa accada.
Lontano dalla spettacolarizzazione della natura, il lavoro si muove in equilibrio tra memoria e smarrimento, evocando ciò che è stato e ciò che forse non sarà più. In un’epoca che accelera e frammenta, Affogati propone una pausa. Un respiro. Uno spazio da abitare senza urgenza.
Allestita all’interno del Teatro Portaportese, la mostra è visitabile tutti i giorni dalle 9 alle 23, a ingresso libero. Ad affiancare l’esposizione, un evento speciale: la presentazione del disco LO-FI di Valerio Billeri, che con la sua scrittura essenziale e la voce nuda entra in risonanza con le immagini, completandone il vuoto con un suono altrettanto spoglio e necessario.
“Affogati”: laghi, nebbie e solitudini
La mostra di Emiliano Bartolucci al Teatro Portaportese
Un tempo rallentato, un paesaggio che non si mostra ma resta, in attesa. Dal 24 maggio al 23 giugno, negli spazi del Teatro Portaportese a Roma, prende forma Affogati, la nuova mostra fotografica di Emiliano Bartolucci. Ventisei scatti in bianco e nero, rigorosi e spogli, che mettono in scena i laghi del Lazio come territori della soglia: luoghi dove l’assenza non è mancanza, ma possibilità.
Non c’è cronaca, né documento. Non c’è la cartolina, né la memoria turistica del luogo. C’è la nebbia, piuttosto — ostinata, stratificata, politica. C’è l’acqua che non riflette, ma trattiene. C’è il silenzio, quello che non consola, ma interroga. Affogati è un gesto lento e necessario: un atto di resistenza all’immagine-mercato, alla narrazione compulsiva, all’imposizione del visibile.
Bartolucci fotografa con lente fissa, senza zoom, senza rincorrere il dettaglio. La composizione è severa, sottrattiva, priva di effetti. Ogni immagine sembra voler dire: “Non guardare, stai”. L’autore non cerca lo spettacolo del paesaggio, ma la sua grammatica minima. Come se ogni lago fosse un foglio bianco sul quale il tempo ha smesso di scrivere.
C’è del gotico, ma sommerso. C’è il doom metal, ma filtrato nella grana analogica di uno sguardo che non indulge. Affogati si muove dentro un immaginario visivo che parte dalla fotografia di paesaggio e scivola verso la liturgia. Più che rappresentare, queste immagini evocano. Più che parlare, ascoltano.
I laghi diventano così specchi ciechi, altari silenziosi, corpi d’acqua che hanno perso la voce ma non la memoria. Non c’è narrazione da seguire, né senso da decifrare. C’è piuttosto un invito a lasciarsi svuotare, a perdere l’orientamento. Perché in Affogati ci si perde, e non perdersi sarebbe un errore.
È una fotografia che non chiede attenzione, ma accoglienza. Che non spiega, ma interroga. Che non si mette al centro, ma costruisce un vuoto — forse l’unico spazio dove, oggi, può ancora nascere un legame. Un vuoto abitabile, collettivo, politico.
Lontano dal pittoresco, lontano dall’estetica consolatoria del margine, Bartolucci propone una riflessione sul paesaggio come condizione. E sullo sguardo come gesto critico. In un tempo che ci vuole disconnessi e performativi, Affogati suggerisce un'altra postura: quella del trattenersi, del rallentare, del restare.
La mostra è visitabile ogni giorno dalle 9 alle 23, a ingresso libero. E chi varcherà quella soglia non troverà didascalie né spiegazioni. Troverà una possibilità: quella di riconoscersi, magari, in ciò che non c’è più. E che proprio per questo continua a parlarci.
LO-FI – Valerio Billeri
In un'epoca dominata dalla perfezione digitale, LO-FI di Valerio Billeri emerge come un atto di resistenza poetica. Registrato interamente su un multitraccia analogico degli anni '90, l'album cattura ogni imperfezione—scricchiolii, sospiri, corde che vibrano—trasformandole in elementi essenziali di un paesaggio sonoro autentico.
Composto da nove tracce, di cui otto originali e una reinterpretazione di un brano folk dell'era napoleonica, LO-FI esplora temi di solitudine, esilio interiore e ricerca di verità. La voce e la chitarra di Billeri, nude e sincere, guidano l'ascoltatore attraverso un viaggio intimo e sospeso nel tempo.
L'album si apre con "Bellerophon" e include brani come "Blues dell'isola di Sant'Elena" e "Distese", quest'ultima ispirata da una poesia di Sara Teasdale. Ogni canzone è un frammento di un mosaico emotivo che invita alla riflessione e all'ascolto profondo.
https://valeriobilleri.bandcamp.com/
album/lo-fi
Web:
sites.google.com/view/emili...