INTERPLAY - Charlie Parker, le ali del jazz
Teatro
Festival Internazionale Teatro Romano Volterra
Il Verso, L’Afflato, Il Canto
Presenta
INTERPLAY
Charlie Parker, le ali del jazz
di Alma Daddario
work in progress drammatizzato
Con la collaborazione del
Museo del Saxofono di Fiumicino
Evento Unico in Anteprima Nazionale
9 Giugno 2025
ore 21:00
Teatro di Documenti
Via Nicola Zabaglia, 42 (Roma)
con
Ennio Coltorti e Massimo Napoli
Regia
Ennio Coltorti
Selezione musicale Pietro Sergio
Luci, fonica, voce off Davide Marchese
L’arte non sempre può essere codificata, spiegata, analizzata in termini razionali. È così per la poesia, la pittura, la musica.
Questa è la storia di Charlie Parker,
e dell’ossessione dell’uomo che lo avrebbe seguito fino alla morte, per carpirne il segreto.
Nell’ultima fase della sua vita, durata troppo poco grazie agli eccessi e all’abuso di alcool e droghe, Charlie Parker, genio innovatore, inventore del genere be-bop, venne affiancato da un giornalista, critico musicale, che non gli avrebbe dato tregua, inseguendolo ovunque per strappargli confidenze e segreti, con lo scopo di scrivere una biografia da best seller… ma l’arte in realtà non può essere codificata, costretta dentro schemi razionali, e il genio ha un dono, che può scatenare l’invidia di chi, non riuscendo a creare, indossa l’abito del critico che tenta di spiegare l’inspiegabile. Grandi artisti hanno elargito questo dono magnifico e inspiegabile all’umanità, che non sempre in vita li ha apprezzati. Come Oscar Wilde, come Van Gogh, come Mozart, come Charlie Parker.
Nota dell’autrice
Mi sono ispirata alla vita del grande sassofonista Charlie Parker per questa mia storia. Charlie, soprannominato “the bird”, per la velocità di alcune sue composizioni che secondo i critici erano simili al volo degli uccelli. Nessuno come lui è riuscito a dare una svolta non solo tecnica, ma etica a quella che era sempre stata considerata una sorta di musica da intrattenimento. Con lui la musica diventa d’ascolto, espressione di un vissuto che è anche violenza e dolore, è ricerca, è ascolto, è umanità. L’incredibile talento di Parker era proporzionale alla sua forza autodistruttiva, che compromise spesso i suoi rapporti con i partner musicisti, e con le partner nella sua vita privata. Insaziabile in tutto, riusciva a legarsi a più donne contemporaneamente. Mi sono chiesta chissà quali vette avrebbe potuto raggiungere se fosse vissuto di più. Ma gli uccelli, piuttosto che rassegnarsi alle gabbie, preferiscono volare via.
Commento del regista
“Sum ergo cogito” VS “Cogito ergo sum”; si può riassumere così il rapporto tra Charlie Parker e Bruno Werner. Un’incontro/scontro. Tra emozione e ragione, tra viscere e intelletto; tra Dioniso e Apollo. Lo scontro iniziale tra l’artista “maledetto” e l’intellettuale “granitico” si tramuterà in un incontro che porterà alla nascita di una imprevedibile amicizia e a uno straordinario libro su Charlie. Tuttavia il progetto di Bruno di arrivare a spiegare il metodo, la tecnica, i segreti dell’eccezionalità interpretativa del grande sassofonista, si infrangerà contro il caos emotivo e mentale di Charlie. Ma l’insegnamento che trarranno da questo rapporto sarà reciproco e porterà a un prezioso libro e alle ultime straordinarie incisioni di Charlie prima dell’addio a quel suo mondo pieno di dolore e musica.
Nota storica di Pietro Sergio
Ci sono persone che hanno scritto nel loro destino il fatto che lasceranno un’impronta indelebile nella storia del mondo anche per le generazioni future e in ambiti completamente diversi. Charlie Parker era un musicista jazz che rivoluzionò il suo mondo in tutti i modi possibili. Rese il suo strumento il sassofono contralto protagonista dove prima era relegato al ruolo di semplice accompagnamento e con Dizzy Gillespie introdusse un nuovo modo di concepire il jazz il bebop che divenne anche uno stile di vita: come scrisse Miles Davis nella sua autobiografia “Bird è stato lo spirito del movimento bebop”. Bird era il soprannome di Charlie Parker perché quando iniziava a suonare prendeva il “volo”, le sue mani “volavano” sulla tastiera dello strumento come nessuno aveva mai fatto prima. Come dichiarò in seguito: “Stavo suonando Cherokee ed ero stufo di suonare gli stessi accordi. Non riuscivo a trovare la soluzione. Poi fu come se l’idea si fosse materializzata. Cominciai a utilizzare l’intervallo superiore della nota come linea melodica ed ecco che tutto prese corpo”.
Non era musica concepita per il pubblico ma era l’espressione degli esecutori che suonavano quello che sentivano e se non era commerciale e orecchiabile non importava: il pubblico si doveva “educare” a questa nuova sonorità e alla sua complessità. Per la prima volta i musicisti neri esprimevano la loro identità più profonda manifestando il loro punto di vista al pubblico e all’industria discografica sconvolgendo la tradizione.
Il bebop non era confinato al solo ambito musicale ma era ben presto diventato uno stile di vita e allora non ci si deve sorprendere che “quella loro roba folle” facesse presa sulla generazione dei “beatnick” basta vedere cosa scriveva J. Kerouac di Parker che sentiva come divinità scesa in terra per illuminare il mondo col suo sax: “Charley Parker, perdonami / Perdonami se non rispondo ai tuoi occhi / Se non ho dimostrato / Ciò che sai inventare / Charley Parker, prega per me / Prega per me e per tutti / Nei Nirvana della tua mente / Dove ti nascondi, indulgente e immenso […] / Charley Parker, libera dalla sventura / me, e tutti quanti”.
O anche il poeta Gregory Corso che compose nel 1955 un requiem per il musicista appena scomparso: “BIRD era più perso del suono/rompeva la barriera con un acuto di sax / BIRD era più su della luna / BIRD vagava anche sui tetti / come uno strano monaco s’inchinava / sax in mano, alto sopra tutti / a guardare quella gente sotto / con strani occhi socchiusi / dicendo fra sé: «sì, sì» / come se niente contasse assolutamente niente / […]. BIRD è morto / BIRD è morto / […] piangete per BIRD / perché BIRD è morto”.
La cultura musicale di Parker non era solo jazz, parlando di compositori preferiti citava Béla Bartók, ammirava Debussy per le forme a suo dire fluttuanti e persino per i titoli delle sue opere e conosceva Beethoven, Chopin, Ravel e Stravinsky.
La genialità della musica di Parker ha origine dal fraseggio continuamente interrotto, dall’imprevedibilità ritmica, dalle intensità sempre variabili, dai ritmi e tempi sempre velocissimi: è come se portasse sul palco la vita vissuta, la rabbia dei ghetti, la voglia di riscatto della gente nera. Tutta quest’ansia e avidità del vivere ha un prezzo e Parker lo paga tutto, è ingordo di cibo, eroina, alcool e sesso, dopo ogni ricovero in cliniche psichiatriche torna sempre ad autodistruggersi come lo stereotipo dell’artista maledetto tutto genio e sregolatezza fino a giungere a una fine prematura a soli 35 anni (alla stessa età di Mozart) dove il medico non riuscì nemmeno a stabilire la causa della morte.
In Interplay si percepisce tutto questo. Si capisce che si è di fronte a un vissuto costantemente in precario equilibrio fra allucinazione e coscienza sospeso tra visioni di mostruosi fantasmi interiori e brandelli di ricordi di una felicità passata e perduta per sempre. Questo è Charlie. Poi c’è Bruno il cronista e critico musicale che sta scrivendo una biografia su di lui, il suo idolo e idolo di un’intera generazione. Bruno sa benissimo che ha di fronte un genio irripetibile e vorrebbe capire e carpire il segreto ultimo della sua arte con l’illusione di poter spiegare a parole (e magari mettere su carta) l’imperscrutabile miracolo della creazione artistica. Ci prova come può, tenta di riportare Charlie alla realtà ricordandogli i momenti più esaltanti della sua carriera, vuole sapere qualche dettaglio della sua tecnica, tenta in ogni modo di “prenderlo”. Per tutta risposta Charlie perso nelle sue allucinazioni parla dei suoi sogni, del suo stralunato sentire, delle sue donne, dei sui affetti, di tutto tranne della sua musica.
Quando il libro di Bruno su Bird è finito Charlie non lo accetta, non può sentirlo suo perché racconta della sua musica ma la vera essenza di Charlie non c’è, non c’è la profonda intima sofferenza dalla quale scaturisce la magia che Bird ha portato su questa terra.
Il Museo del Saxofono di Fiumicino, l’unico nel panorama internazionale dedicato a questo strumento, ospita la più grande collezione del mondo di saxofoni.
Il museo, riconosciuto e accreditato nell’OMR del Lazio, custodisce preziosi e rari strumenti musicali: dal piccolissimo soprilloEppelsheim di 32cm al gigantesco contrabasso Orsi alto 2mt, dall’alto Grafton Plastic, reso famoso da Charlie Parker e Ornette Coleman, al mastodontico sub-contrabasso J'ElleStainer, il sax più grande del mondo, dagli strumenti dell'inventore Adolphe Sax ad un quintetto di rothfoni Bottali, saxofoni a doppia ancia, dal mitico Conn O-Sax al Jazzophone, tromba-sax con due campane, dai saxofoni a coulisse agli strumenti appartenuti a grandi musicisti come Sonny Rollins, Tex
Beneke, Ralph James, Ross Gorman, Gil Ventura, Tom Scott, Paul Harvey e altri ancora…
Sito web ufficiale: https://www.museodelsaxofono.com
Biglietto € 10,00
Per info e prenotazioni
Tel. 06 45548578 - 328 8475891
email: teatrodidocumenti@libero.it
Roma (Roma)
Teatro di Documenti
Via Nicola Zabaglia, 42
ore 21:00
ingresso a pagamento
euro 10,00
Info. Tel. 06 45548578 - 328 8475891
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