stArt up teatro 2014, un progetto della rete di residenze teatrali pugliesi una.net
369 Gradi - Armunia
SA VIDA MIA PERDIA PO NUDDA (55’)
liberamente tratto da "Delitto e castigo" di Fëdor Michajlovič Dostoevskij
di e con Leonardo Capuano
prima regionale
La trama del romanzo è molto semplice: uno studente in giurisprudenza in gravi difficoltà economiche si isola da tutto e da tutti, smette di frequentare l’università, si chiude nella sua piccola stanza ed inizia a pensare e, non potendo sopportare il suo fallimento o l’eventuale sacrificio della sorella Dunja, che, sposandosi con un uomo ricco, potrebbe risollevare le sorti della famiglia, decide di uccidere una vecchia strozzina e di impossessarsi del suo denaro. Dopo aver ucciso la strozzina e la sorella di questa, non riuscendo a sostenere l’atto commesso, cade nel delirio e si ammala gravemente. La furbizia dell’ispettore di polizia Porfiri Petrovic lo porterà a confessare il proprio delitto.
Lo spettacolo inizia dove il romanzo di Dostoevskij finisce, con Raskòlnikov in carcere. Nella palestra del carcere, palestra dove si pratica la lotta, dove ci si allena e si lotta. Tutto è già avvenuto, Raskolnikov si allena solo, corre sul tappeto, parla, suda, ricorda, tira colpi ad un manichino. Segue la tabella dell’allenamento, il programma, il piano per raggiungere l’obiettivo: riuscire, vincere (così come fa per l’omicidio della vecchia). Ancora si sente spiato, osservato: è diffidente, nervoso. Raskòlnikov il lottatore, come lo definì l’ispettore di polizia, è ancora lì a lottare con se stesso, con il suo fallimento, la sua idea, con quel che è accaduto e che a volte gli sembra debba ancora accadere. Un’ora di allenamento, un’ora di delirio in cui riaffiorano i luoghi, le vie la sua stanza, e le persone: Marmeladov l’ubriaco, Sonja la giovane prostituta, Porfirij Petrovic l’ispettore di polizia, Pulcherija Aleksandrovna sua madre, Katerina Ivànovna moglie di Marmeladov e matrigna di Sonja, Zametov l’impiegato corrotto.
Raskòlnikov contro tutto, contro tutti quelli che lo sbeffeggiano in carcere e contro quelli che si sono spinti fin li ancora a cercarlo, a tormentarlo: li imita, li fa, li “recita”, li vive per quel che sono per lui, con il suo sarcasmo, prendendoli in giro, sfidandoli su quel tappeto a lottare con lui, o mostrandone tutta l’amarezza, come quando la madre e Katerina Ivanovna nel suo ricordo si mischiano e diventano una sola donna che parla in dialetto al proprio figlio.
Leonardo Capuano
Nato a Cagliari nel 1967, vive a Firenze, dove si è diplomato alla Scuola Laboratorio Nove nel 1996. È stato diretto da Barbara Nativi, Alfonso Santagata, Andrea De Rosa, Pietro Babina, Federico Tiezzi. Dal 1997 ha intrapreso un percorso artistico personale, scandito da "Sa vida mia perdia po nudda" (1998), "La Cura" (2000), "Le Sante" (2001), "Zero spaccato" (2002), "Due" (2003, con Renata Palminiello), "Pasticceri" (2005, con Roberto Abbiati), "L’albero della cuccagna" (2008, con Renata Palminiello e Roberto Abbiati), "La sofferenza inutile" (2012), "Elettrocardiodramma" (2013). Come attore ha collaborato più volte con Umberto Orsini, curando anche la drammaturgia de "La leggenda del grande inquisitore" di Dostoevskij, spettacolo che replica anche quest’anno.
Web:
www.teatrocrest.it