FORTEZZA IN OPERA
Ipogeo Bacile-Teatro Sotterraneo/Spongano
LITANIA DELLA ROSA
Mostra di Massimiliano Galliani/Marika Ricchi/ Omar Galliani/Michelangelo Galliani
dal 6 maggio al 9 giugno
inaugurazione sabato 6 maggio ore 18.30
Anche una spina è gradita quando poi ci si aspetta di vedere una rosa.
Publilio Siro
L'Ipogeo Bacile è orgoglioso di ospitare a Spongano la mostra Litania della rosa della famiglia Galliani. È questa una famiglia di grandi artisti che come già in passato i Gentileschi, i Carracci, i Palizzi o i Basaldella, solo per citare i primi venuti in mente, porta avanti una ricerca artistica innovativa pur nel rispetto della tradizione. La peculiarità che contraddistingue i Galliani è che il loro dialogo si esprime con tecniche differenti unendo l’arte concettuale a quella figurativa.
Il padre, Omar, è ormai universalmente riconosciuto come uno dei maggiori interpreti della cultura del disegno nel mondo essendo stato il primo a portare il disegno, da sempre considerato abbozzo per le idee, al rango di opera finita.
Michelangelo e la sua compagna Marika Ricchi sono straordinari scultori in grado di far comunicare il marmo di carrara, da sempre il materiale per eccellenza in scultura, con materiali oggi più usati come ad esempio il piombo tipico dell’arte povera.
Massimiliano, il più giovane è padrone di varie tecniche che vanno dalla fotografia al disegno e racconta la ricerca infinita dell’essere umano nell’anima di ogni forma di vita sottolineando come le strade dell’esistenza siano infinite.
Questi artisti, con la loro storia e la loro poetica, incarnano a pieno la filosofia che è stata in questi mesi alla base della rassegna di Fortezza in Opera. Professionisti colti e infaticabili hanno saputo conquistare la più grande fama artistica internazionale pur rimanendo coerenti con il loro sentire e lavorando contro le mode del momento avendo sempre ben presente l'antica tradizione italiana. L'arte non è mimesi, non è imitazione, l'arte forse può definirsi come intuizione della Luce. L'arte dei Galliani certamente colpisce per il virtuosismo tecnico, ma va decisamente oltre. I Galliani usano la conoscenza, che è fortezza, per indagare un mondo più profondo; per cogliere la Luce. Grazie alla loro unica sensibilità con questa mostra i Galliani fanno risuonare la magica luce sotterranea e sbocciare la Rosa nella pietra. Si spera che il polline sparso porti buon frutto.
LITANIA DELLA ROSA
Tra segni/disegni, riferimenti, allusioni e metafore
Prima ancora di addentrarci all’interno del processo di riflessione che questa mostra sollecita, vuoi per quanto propone che per il suo stesso modo di offrirsi (le opere di Omar, Michelangelo e Massimiliano Galliani oltre che Marika Ricchi - artisti cui ci legano antichi rapporti d’amicizia e di stima, e connessi tra loro da strettissimi e diretti rapporti familiari - che confermano quella storia italiana di famiglie dell’arte che tocca tutta le nostre regioni e che in un muoversi tra le generazioni si muove dai Gilardi ai Pellini, ai Cascella, ai Pomodoro e ad altri ed altri), ed ancor più per il luogo nel quale la stessa si articola e manifesta (il frantoio ipogeo, utilizzato a partire dal XVII secolo fino alla metà degli anni Cinquanta del Novecento, che occupa gran parte degli scantinati del cinquecentesco Palazzo Bacile di Castiglione che sorge nel cuore di Spongano e prende il nome dalla nobile famiglia che ancora oggi vi risiede), riteniamo opportuno compiere alcune riflessioni sul titolo della stessa, ovviamente non casuale ma profondamente giustificato da un insieme di fatti e moventi che si chiariranno nel prosieguo del testo.
Ed è quindi sui due termini: litania e rosa, che riteniamo doveroso soffermarci, tra accezioni manifeste, allusioni, riferimenti, metafore e quant’altro. Così, in piena adesione al significato del lemma litania (s. f. [dal lat. tardo, eccles., litanīa, gr. λιτανεία, der. di λιτανεύω “invocare con preghiere”, da λιτή “preghiera, supplica”].) e di quel suo essere oltre che un’implorazione e un’invocazione con preghiere, anche una successione di affermazioni laudative richiedenti risposte formulate a priori, eccoci ad intendere il vocabolo quale sequenza (in questo caso non di parole, ma di emergenze visuali, siano esse disegni, dipinti, sculture e quant’altro) fine a sé stessa, generale e generalizzata, cui il termine rosa conferisce concretezza e visibilità, trasformandosi in segno, in simbolo e in allegoria. Rammentando che il simbolo conferisce significato a ciò che percepiamo, che il segno altro non è che una convenzione, e che l’allegoria ha la necessità di avere una sorta di constatazione linguistica.
Discende da ciò che la rosa, ben oltre il suo essere una multiflora, il suo proporsi come rampicante, cespugliosa, a mazzetti, sarmentosa, strisciante, a fiore grande, ad arbusti, a fiore piccolo, solitaria, a pannocchie, ad alberelli, ed il suo poter essere coltivata e/o spontanea come la canina, la gallica, la glauca, la pendulina, la sempervirens ed altro ancora, sollecita il sorgere di una folla di termini ulteriori ad ampia significazione quali: archetipo, femminile, eleganza, purezza, sacro, amore, scienza, mandala, profumo, romanzo, esoterismo, sigillo, architettura, salvezza, poesia, devozione, alchimia, sessualità, iniziazione, araldica, favola, appartenenza, e così via, pressoché all’infinito.
Partendo da tutto ciò, i tre Galliani: Omar, Michelangelo, Massimiliano e con loro anche Marika Ricchi compagna del secondo, ci propongono, nella suggestione sotterranea del frantoio ipogeo dell’amico Fabio Bacile di Castiglione, una sorta di full immersion totale nell’universo della rosa (un fiore, ma non solo) grazie ad opere che confermano da una parte il valore e la coerenza della loro ricerca personale, e dall’altra la capacità di poter e saper costruire una sorta di processo conoscitivo per exempla sulla complessità stessa della rosa, del suo esistere e del suo plurimo e molteplice manifestarsi e/o collegarsi ad altro.
Ovviamente, non possiamo non partire da Omar, di cui più e più volte ci siamo interessati, tra passati trascorsi bolognesi e continue e più recenti riconferme non solo salentine, di cui rammentiamo - assolutamente in tema - la mostra “Soltanto Rose” nella Galleria Paola Verrengia di Salerno, con quelle due tavole in legno accostate l’una all’altra che contrapponevano nel chiaroscuro che gli appartiene (quel dualismo luce/tenebre che lo affascina e coinvolge da tempo, e che ci stupisce di momento in momento e sempre di più, tra apparizioni e scomparse) rose e soltanto rose alla gestualità immediata di tracce purpuree al limite del dramma. E che qui ripropone, nel trionfo del segno/disegno, copiose cascate di petali quasi fossero stelle cadenti, o ancora un succedersi di rose: rosa, blu e perfino nera, facendo emergere dalla nostra memoria la rosa bianca di York e quella scarlatta dei rivali Lancaster, oltre che quella screziata di bianco e di rosso dei Tudor.
Più insistente sul tema Michelangelo, che, accanto ad alcune opere che confermano la sua capacità di far venire alla luce forme, volti e corpi contemporanei fino ad allora segretati nel blocco di marmo (ma anche segni e simboli tracciati perfino nel piombo), una nuova versione di Vitriol - la prima è nel Palazzo Bacile - risolta tutta tra scienza/conoscenza e “Bestie uomini e dei”, si sofferma poi sui riferimenti religiosi cui rimanda la rosa con la “Vergine degli Inganni”, una madonna sezionata in due parti che appoggia su una lastra di ardesia spezzata sulla quale compare un teschio e un ramo di vite, il tutto su un’ampia pedana di legno nero su cui cadono petali di rosa in piombo, che, come ci ha detto lo stesso artista: “È l’idolo caduto, è colei alla quale tutti si rivolgono per chiedere una grazia, recitando le loro preghiere. È una domanda rivolta a tutti coloro che non hanno ottenuto, alle innumerevoli domande cadute nel vuoto”.
Ed è ancora scultura per Marika Ricchi che guarda alla parte per il tutto e che concentra nei piedi, nella bocca (quelle dodici nomate da Gabriele a Giorgio, a Luca, a Giovanni, a Michele, a Francesco, a Maria, a Teresa, a Sofia, a Vittoria, a Anna, a Caterina), nelle mani, nelle orecchie e negli occhi, risolti tutti nella fisicità del marmo bianco di Carrara e nella loro singolarità/diversità, una particolare intensità espressiva, raccontando degli individui cui queste parti appartengono, facendoci riflettere, altresì, sulle tante contraddizioni esistenti nel vivere, con quei piedi congiunti a mo’ di mani adoranti che rimandano all’immagine della Madonna delle Rose e che gridano nei confronti dell’ipocrisia e del bigottismo.
Ancora sul disegno, infine, il personalissimo e rigoroso esercizio creativo di Massimiliano, anch’egli affascinato dalla problematica della parte per il tutto, che ci propone quella che ci piace chiamare la memoria della rosa, tra evanescenti trasparenze di foglie e di steli, al limite della rarefazione, rotte d’improvviso dalla forte materialità della spina (quanti rimandi alla Santità: quella di Rita, di Elisabetta d’Ungheria, di Rosalia, di Rosa da Viterbo, di Elisabetta del Portogallo e di Teresa di Lisieux ma anche al Sacrificio cruento di Cristo sulla Croce) che sembra squarciare la superficie dell’opera, sollecitando riflessioni sulla duplicità dell’esistere e sul proporsi contemporaneo del nero e del bianco, del dolce e dell’amaro, del buono e del cattivo, e quindi sul concetto di assoluta unità della raffigurazione.
Toti Carpentieri
Mostra aperta tutti i giorni dalle 17 alle 21
(nei giorni in cui è previsto spettacolo fino alle 19)
biglietto € 2 intero, €1 ridotto per soci FAI, soci Proloco Spongano e under 18
La visita alla mostra sarà guidata da Laura Sabato
TEATRO SOTTERRANEO - Ipogeo Bacile P.zza Bacile - Spongano
Info e prenotazioni:
Compagnia Salvatore Della Villa 327.9860420
salvatoredellavilla.teatro@gmail.com
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Web:
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