ELISABETTA POZZI
in Cassandra
da Seneca, Eschilo, Euripide, Baudrillard e con Hal Yamanouchi, Paola Bellisari, Carlotta Bruni, Rosa Merlino
Regia di ELISABETTA POZZI E AURELIO GATTI
drammaturgia di Elisabetta Pozzi e Aurelio Gatti

da testi di Eschilo, Euripide, Christa Wolf, Wislawa Szymborska, Pasolini, Baudrillard

Ispirandosi alle riletture del mito antiche e moderne (da Euripide a Christa Wolf),
un’intensa e conturbante Elisabetta Pozzi -quattro premi Ubu, David di Donatello, premio Duse, sodalizi artistici con i più importanti nomi del panorama teatrale- porta sulla scena veleiate la figura mitica di Cassandra, mettendone in luce la strabiliante modernità. La profetessa troiana a cui Apollo ha dato il dono di prevedere il futuro e insieme la condanna a non essere creduta è infatti una delle figure femminili del mito greco di più profonda tragicità -per l’impotenza, l’impossibilità di condivisione, la forzata solitudine nel sostenere il peso della conoscenza- in cui convivono, come in ogni donna, forza e fragilità.
Un lavoro dedicato ad una figura tra le più fragili tra le eroine classiche. Attraverso il mito di Cassandra si giunge all’idea di una consapevolezza “solitaria” del percepire l’imminente, quasi a suggerire l’esistenza di una empatia universale, in cui la tragedia non è quanto avviene, ma “l’impotenza” nel comunicarlo.
Una messa in scena che restituisce una lirica del tragico, scarna ed essenziale, in cui la contemporaneità “passa” attraverso l’interprete diventando significato del presente.
La figura di Cassandra ha sempre affascinato e nello stesso tempo turbato. Profetessa non creduta, suggerisce la visione di un personaggio estremamente vivo che può arrivare ai giorni nostri per raccontarci qualcosa che ci riguarda molto da vicino.
La consapevolezza (ora come allora) degli errori commessi nel passato dai padri , la porta ad essere talmente cosciente e lucida sul futuro che avverte l’inadeguatezza del linguaggio per dire del vivere nel presente all’ombra della distruzione.
Questa nuova Cassandra è una donna contemporanea che attraverso un viatico “straordinario” ripercorre la veggenza inevitabile della conoscenza attraverso il mito e attraverso il racconto di questi si fa ella stessa Cassandra, ritrova le sue parole che pian piano diventano parole di oggi, il racconto di un mondo in cui la proliferazione di una tecnologia spesso distruttiva annulla il futuro, elimina ogni visione e prospettiva.
Elisabetta Pozzi
Elisabetta Pozzi è una delle attrici più versatili e interessanti della nuova generazione, con uno stile di recitazione personale che le fa dar vita con vivace, capricciosa e morbida duttilità a ogni tipo di personaggio. Recita in un vasto repertorio: da autori classici a contemporanei, con registi di fama ed esordienti. Debutta a diciassette anni ne Il fu Mattia Pascal diretta da L. Squarzina (1974), con G. Albertazzi allo Stabile di Genova. Al fianco di quest'ultimo lavora in numerosi spettacoli, tra cui Memorie dal sottosuolo da Dostoevskij, Peer Gynt di Ibsen. Dal 1979 lavora con lo Stabile di Genova (tra gli altri Re Nicolò ovvero così è la vita di Wedekind, Tre sorelle di Cechov, La putta onorata di Goldoni e Arden of Feversham di anonimo elisabettiano, per la cui interpretazione vince il premio Ubu 1981). È diretta da Siciliano ne La parola tagliata in bocca , al Festival di Spoleto 1985, e da G. Lavia in Miele selvatico di M. Frayn. Recita in Francesca da Rimini di D'Annunzio per la regia di A. Trionfo e in Piccoli equivoci di Claudio Bigagli. Come interprete di nuovi autori offre una grande prova in Giacomo il prepotente di G. Manfridi (1988). Dal 1989 inizia la sua collaborazione con il Teatro Stabile di Parma, con Il gabbiano di Cechov (1989). Partecipa al Progetto Ritsos, con l'Apa (Attori Produttori Associati), con il poemetto Elena . Fonda con De Rossi e Maccarinelli Tea (Teatro e Autori). Vince il premio Ubu 1990 con I serpenti della pioggia di Enquist. Ha una assidua collaborazione con Cristina Pezzoli, allo Stabile di Parma; recita in diversi spettacoli, tra i quali anche L'attesa di R. Binosi, in cui alterna il ruolo di protagonista con Maddalena Crippa. È diretta da G. Dall'Aglio in Molto rumore per nulla di Shakespeare. Offre una grande interpretazione di Sonia nello Zio Vanja di Cechov diretta da P. Stein. Debutta con la regia di L. Ronconi ne Il lutto si addice ad Elettra di O'Neill, con cui vince il terzo premio Ubu 1996, e in Ruy Blas di V. Hugo (1997). È con Carmelo Bene nell' Adelchi (1997). Offre una delle migliori prove da attrice nel monologo Max Gericke di Manfred Karge (1997), diretta da Le Moli (da cui sarà diretta nel 2002 nel ruolo maschile di un indimenticato Amleto). Il suo debutto cinematografico è nel Mistero di Oberwald di G. Antonioni (1979), nel 1992 si aggiudica il premio David di Donatello come attrice non protagonista nel film Maledetto il giorno che t'ho incontrata di C. Verdone.
Da anni segue un rigoroso e personalissimo percorso di interpretazione di personaggi classici femminili, sia con riletture contemporanee (Fedra di Ritzos e Medea della Wolf) che con i testi greci: è infatti più volte protagonista all’Inda di Siracusa, con Elettra e Oreste nel 2000, con Ecuba nel 2006 - anno in cui le vengono conferiti tre importanti premi: il premio Franco Enriquez, il premio dell'Associazione Critici e il Premio Duse - con Medea e Fedra nel 2009 e 2010.
Web:
www.comune.castrolibero.cs....