il Tacco di Bacco
 
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Casa D'Amore

Monumento

Musei, gallerie d'arte e luoghi interessanti Musei, gallerie d'arte e luoghi interessanti

Secondo una tradizione ormai radicata, il 22 giugno del 1797, mentre veniva eletto il primo Sindaco, Francesco D’Amore cominciava a costruire questa casa, la prima ufficialmente in cotto, vale a dire con l’uso di malta. Con il suo dispaccio, infatti, il Re decretava che gli alberobellesi potessero fabbricare case nel modo ad essi più comodo, senza essere impediti dal Conte di Conversano. L’evento era ulteriormente testimoniato dalla piccola epigrafe, posta sotto l’arco che segna l’area del balcone, che riporta la seguente iscrizione: EX AUCTORITATE REGIA - HOC PRIMUM ERECTUM - A.D. 1797.
La sua ubicazione, nell’attuale Piazza Ferdinando IV di Borbone, non è casuale. Essa, infatti, con il suo primo piano era perfettamente visibile dalla vicina abitazione dei Conti. Tale struttura rappresenta un vero e proprio passaggio tecnico-costruttivo dalle prime case a trullo alle abitazioni ottocentesche. In realtà, la facciata lascia immaginare la presenza di vani interni ben diversi da quelli che in realtà sono. La stanza d’accesso, al posto del consueto cono lapideo, presenta una volta a stella. Tutti gli altri ambienti non sono molto dissimili da quelli delle case a trullo che circondavano l’abitazione. L’unico elemento d’unicità evidente, se si esclude l’uso di malta, è il piano sopraelevato raggiungibile esternamente tramite una scala. Questo è composto da tre angusti ambienti conici, posti su differenti livelli. Al primo vano, determinato da un trullo più ampio, segue un piccolo ambiente conico, che in origine era collegato al pianterreno tramite una botola. L’ultimo di tali locali, che poggia sulla volta a stella del sottostante vano principale, consente l’affaccio al balconcino. Molto probabilmente, per l’edificazione della casa, Francesco D’Amore interpellò un semplice caseddaro (muratore), abituato a costruire o restaurare trulli. Questo non ci meraviglia dato che, ancora nel 1843, dai verbali del Consiglio Comunale emerge che non vi era un architetto locale che potesse far parte della commissione preposta alla cura delle nuove costruzioni affinché fossero regolari e di non spiacevole architettura a meno che non si volesse definire architetto uno degli infelici muratori o trullari.

Per quanto rigurda il fatto stesso di segnare una data sulla facciata doveva essere per Alberobello un fatto eccezionale. Fino ad oggi non sono state ritrovate iscrizioni di alcun tipo sui trulli urbani precedenti l'Ottocento. È vero che gli spessi strati di malta potrebbero aver ricoperto questi segni, tuttavia sembra probabile che una qualsiasi epigrafe o data non fosse gradita ai feudatari, poiché avrebbe costituito un attestato dell'antichità del possesso, in contrasto, perciò, con il principio di precarietà su cui si basava l'esistenza dell'abitato.
In ogni modo, dalle carte notarili si ricavano notizie interessanti sulla rapida diffsione della tecnica costruttiva con malta subito dopo il Decreto Regio.
Vanno citate a questo proposito due convenzioni del Notaio De Onchia della fine del 1798. Nella prima, del 1° dicembre 1798, Michelangelo Trevisano fa costruire a cotto dal maestro murario Oronzo Camposeo di Noci due piccoli camerini in aderenza alla propria abitazione a trullo, ubicata davanti alla chiesa grande.
Le nuove costruzioni, secondo l'atto, si comporranno di due stanze e di un'alcova e saranno collocate sopra la cisterna esistente, la cui volta dovrà essere demolita e rifatta per realizzare il pavimento dei nuovi ambienti ad una quota facilmente raggiungibile dalle fabbriche esistenti con due soli gradini. Le costruzioni in muratura di pietra, lavorata alla martellina, dovranno essere coperte da lamie girate a sopra punto, forse volte a botte, a sesto acuto. Il manto di copertura, previsto con lastre di pietra (chianche), dovrà formare un tetto a due falde con due canali di gronda che immetteranno le acque piovane mediante canali di raccordo nella "foggia" sottostante.
Dall'accurata descrizione dei lavori, appare chiaro che il tipo di edificio costruito dal maestro di Noci è lo stesso di quelli che si trovano nelle masserie dell'agro, anche se in una dimensione più ridotta.
Anche la seconda convenzione, stipulata dallo stesso notaio pochi giorni dopo, è di notevole interesse. Vi si trova impegnato lo stesso maestro nocese che dovrà costruire un edificio di maggiori dimensioni del primo per il figlio di Nicolò Quaranta, nel giardino della casa di questi, sempre nel vicinato "avanti la chiesa".

Monumento nazionale dal 1930, restaurata nel 1951, patrimonio dell’umanità dal 1996.

Indirizzo

Alberobello (Bari)

Piazza Ferdinando IV

GPS 40,78465 N 17,23780 E



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