Il convento di San Domenico, passato al demanio dello Stato dopo l'Unità di Italia in conseguenza della Legge del 21 agosto 1862 n. 794, fu poi trasferito al Comune di Martina Franca nel 1881. A piano terreno vi è un chiostro a cielo aperto delimitato da un colonnato che costituisce il porticato perimetrale interno. Su tale chiostro si affacciano i vani al piano terreno, del primo e secondo piano. Quest ultimo fu costruito dopo che il convento passò al demanio pubblico per essere adibito a carcere mandamentale.
I lavori dell'attuale Chiesa di San Domenico, in stile barocco, furono avviati il 23 maggio del 1745 e terminati intorno al 1753.
Si tratta della seconda chiesa sorta su questo sito, infatti, qui esisteva un'antica chiesa medievale dedicata a San Pietro Martire, che a causa dei gravi danni subiti durante il terremoto del 1743 si preferì abbatterla e rifarla completamente, affidando il progetto ad un frate domenicano, Fra Antonio Cantalupi. Lavorarono alla fabbrica due mastri muratori di notevole esperienza: Calmerio del Vecchio e Michele Cito. Il primo, quello più noto, era di origine leccese ed essendosi sposato a Martina Franca si adoperò molto per le committenze religiose diffondendo i canoni estetici leccesi della sua terra natia, infatti, questo spiega i forti rimandi al barocco leccese che questa chiesa nel suo aspetto decorativo più di ogni altro monumento martinese suggerisce.
L'attuale chiesa misura 36 metri in lunghezza, 13 metri in larghezza e 18 metri in altezza. La facciata non è molto alta a causa del modesto spazio urbanistico in cui l'edificio nasceva, e perciò si preferì arricchire il prospetto con elementi decorativi caratterizzati da un notevole vigore plastico di impronta leccese. Per questo motivo la facciata della Chiesa di San Domenico, più di ogni altra, è di chiara ispirazione leccese che si riscontra principalmente nell'originalità dei capitelli antropomorfi del primo ordine. Questi raffigurano delle sirene alate circondate da foglie di acanto e festoni di melograni; palesemente ispirati ai capitelli che si trovano sulla facciata del Palazzo del Seminario a Lecce, costruito nella seconda metà del XVII secolo.
Il prospetto si fonda sulla tripartizione della facciata attraverso paraste congiunte tra loro tramite variegati elementi decorativi sistemati su un impianto a doppio ordine, sul quale spiccano il portale in basso e il finestrone in alto. Il portale di ingresso, delimitato da una raffinata modanatura, sorregge sulla trabeazione lo stemma del Vaticano (due chiavi incrociate) e lateralmente è abbellito da due volute sulle cui sommità sono adagiati due putti nell'intento di dare fiato ai corni. Al centro, spicca, sotto una corona floreale sorretta da due putti, all'interno di una cornice riccamente lavorata, lo stemma dei Domenicani (un cane con la fiaccola in bocca). Sul primo ordine della facciata, oltre alle paraste con capitelli figurati, si distinguono lateralmente al portale due riquadri delineati da cornici che sostituiscono le tradizionali nicchie con statue.
Il primo ordine è separato da quello successivo attraverso un marcapiano aggettante con cornice dentellata che taglia per lungo tutta la facciata. L'ordine superiore, pur sempre marcato da paraste con capitelli ornati da foglie di acanto e da puttini, è dominato da uno straordinario finestrone mistilineo, cesellato e rifinito da una pregiata cornice lavorata con cordoli e foglie di acanto, sormontato all'apice da un angelico cherubino inserito in mezzo a due volute reggenti un cartiglio. Questo finestrone dalle ridondanti linee barocche rappresenta un unicum nel contesto settecentesco, giacché sostituisce il tradizionale rosone o balcone pontificale, che di solito si trovano sulle sommità delle facciate religiose. E infine l'ultimo tocco di barocco si respira in alto, dove un timpano spezzato e arricciato alle estremità funge da fastigio, e lateralmente lungo i corni della facciata, i canonici fiaccoloni ne delimitano lo slancio verticale.
INFO: l'accesso alla chiesa è facilitato attraverso una rampa collocata nel convento adiacente che conduce direttamente al suo interno.
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