«L’impresa italiana tra “nanismo” e rivoluzioni industriali» è il titolo del quarto incontro della Scuola per la Buona Politica, il ciclo di seminari promosso dalla Fondazione Di Vagno e rivolto a un pubblico di universitari, laureati e appassionati. Venerdì 28 aprile, alle 16, nella sala della Biblioteca della Fondazione Di Vagno a Conversano, interverrà come relatrice
Nunzia Penelope (giornalista economica e scrittrice, scrive per
Il diario del lavoro), seguita dalle testimonianze degli imprenditori
Pasquale Ribezzo (segretario Cna Puglia – Confederazione nazionale dell’agricoltura e delle piccole medie imprese – e coordinatore del gruppo di interesse su beni culturali e turismo) e
Beppe Fragasso (presidente Ance Bari e Bat Confindustria – Associazione nazionale costruttori edili).
La Scuola per la Buona Politica si rivolge, prevalentemente ma non in via esclusiva, a universitari o giovani laureati. Ogni incontro prevede una o più «lezioni» seguite da interventi programmati di «testimonianza» per affrontare le tematiche attraverso competenze tecniche ed esperienze personali, per poi concludersi con una discussione aperta con i partecipanti.
Sono cinque gli appuntamenti in programma dall'1 aprile al 5 maggio nella sala della Biblioteca della Fondazione al primo piano del monastero di San Benedetto, nel centro storico di Conversano (via San Benedetto 18), con inizio sempre alle 16 e ingresso libero (è però richiesta la registrazione compilando il modulo all’indirizzo www.bit.ly/buonapolitica).
L’ultimo appuntamento si terrà venerdì 5 maggio e avrà come titolo «Lavorare stanca?» con il sociologo e giornalista Carlo Formenti (docente all’Università del Salento e autore di diversi libri tra cui “Felici e sfruttati. Capitalismo digitale ed eclissi del lavoro”, Egea 2011) e gli interventi di Marco Panara (giornalista economico di Repubblica) e Onofrio Romano (docente di sociologia del lavoro all’Università di Bari).
L’edizione 2017 della Scuola per la Buona Politica è organizzata dalla Fondazione Di Vagno in collaborazione con la Commissione europea – Rappresentanza in Italia, il Dipartimento di Scienze politiche dell'Università degli studi di Bari Aldo Moro, Europe Direct Puglia e Friedrich-Ebert-Stiftung.
La Fondazione “Giuseppe Di Vagno (1889-1921)” è intitolata a Giuseppe Di Vagno, deputato socialista, primo parlamentare vittima del fascismo: fu assassinato il 25 settembre 1921 a Mola di Bari, dove aveva appena tenuto un comizio. La Fondazione ha sede nel monastero di San Benedetto nel centro storico di Conversano (Bari) e gestisce al suo interno un importante archivio dedicato alla memoria democratica pugliese e non solo, insieme ad una biblioteca aperta al pubblico in costante aggiornamento; organizza inoltre ricerche e borse di studio (su tutti il Premio nazionale di ricerca Giuseppe Di Vagno), il festival Lectorinfabula, il ciclo di seminari della Scuola di Buona Politica ed eventi di promozione culturale; promuove iniziative editoriali (tra cui la rivista culturale online Pagina della Fondazione Di Vagno); è sede del Presidio del libro di Conversano.
PRESENTAZIONE DELL’INCONTRO «L’IMPRESA ITALIANA»
La recente vicenda sollevata dal testamento di Bernardo Caprotti patron della Esselunga, è stata, nello stesso tempo, un caso mediatico ma anche, e soprattutto, un affresco straordinario del capitalismo imprenditoriale italiano. L'Italia si caratterizza per una micro imprenditorialità diffusa e per un sistema di struttura eminentemente familiare con una specificità particolare (in Germania e in Francia, ad esempio, il controllo familiare è più diffuso) che le fanno giocare un ruolo molto più determinante che altrove.
Se resta per tutti difficile spiegare le ragioni del nanismo imprenditoriale italiano ("questo paese cattolico non tollera il successo" tanto per citare ancora Bernardo Caprotti) questo non impedisce di poter delineare alcune prospettive plausibili per il futuro. Di fronte al processo di integrazione dei mercati da tempo in atto nell'Unione europea e di crescente esposizione alla competizione globale, le microimprese hanno cessato di moltiplicarsi anche in Italia e si trovano di fronte due scenari, che ne tracciano l'evoluzione. Da una parte ci sono le opportunità di un mercato locale per i beni e servizi non innovativi, che chiedono alle imprese di personalizzare l'offerta in senso artigianale, per adattarla alle richieste di una domanda differenziata. Dall'altra parte ci sono le opportunità del mercato globale, che richiedono una crescita internazionale dell'impresa familiare, il ricorso a manager esterni, l'apertura al capitale di terzi per assicurare l'innovazione continua. Intanto è sempre più presente il fenomeno della sostituzione di imprenditori autoctoni con imprenditori di origine straniera (570mila, +54% negli ultimi dieci anni).
Sono pronti gli italiani a sostenere queste nuove sfide?
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