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Casale di Pacciano

Casale medievale

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Il Casale di Pacciano, sito a 4 km. da Bisceglie, sulla via interna per Corato, è un’importante testimonianza artistica, sociale e culturale circa la storia della città antecedente alla sua fondazione. Esso rientra nell’ambito del comparto di arcaici insediamenti proto-urbani di Bisceglie, sviluppatisi nell’agro nei secc. XI e XII. Si trattava di curtes, fondi rustici coltivati, secondo il sistema curtense, da servi o da liberi o da semiliberi, aggregati a uno o a più edifici rurali. Il Casale di Pacciano è il primo di cui si ha traccia, detenendo, così, il primato cronologico del popolamento rurale.
Un tempo compreso nel territorio della già esistente città di Trani, sorgendo lungo un asse viario che univa le città di Ruvo e Trani, ma giuridicamente sottomessa al Gastaldato canosino, il nome compare in una donazione, effettuata nel 789, di alcune case rurali poste in Papiano super Trane, da parte del principe longobardo Arigiso in favore del monastero benedettino di S. Sofia a Benevento. Dopo la decadenza di Canosa, il locus, facente ora parte del Gastaldato e del contado di Trani, si legge in un privilegio del 972 dell’imperatore Ottone I all’abate Azzone, come cortem Pazzano cum oliveta, con riferimento all’olivicoltura. Seguono altri documenti in cui sono attestati i nomi di Parano (997), Pantano (1038), Pazano (1084), Patiano (1116), Paccianum (1159), Papaiano (1241), cluso Paciani (1251). Un excursus di tre secoli di vita del casale attestati dalla stratigrafia dei diversi corpi di fabbrica. Difatti, il casale è una raro esempio di conservazione delle forme chiuse dell’insediamento rurale di tipo “a corte”: munito di mura di cinta, piazzale interno, torre di avvistamento, necropoli, cisterne, stalle, alcuni ambienti destinati a magazzini ed abitazioni, e, soprattutto, due strutture ecclesiali di grande interesse, una delle quali, la chiesa di Ognissanti, è posta al limite e all’interno dell’odierno spazio cintato; l’altra, poco lontana, esterna al recinto a circa 100 m da esso e di proprietà privata, è dedicata a S. Angelo.
Della prima fase, ne danno conferma gli scavi effettuati in situ nel 1990-1991, in cui sono state rinvenute semplici strutture murarie di unità abitative risalenti all’VIII – inizio dell’XI sec.; mentre ad una seconda fase, dimessi gli edifici rurali, appartiene la formazione di un polo religioso e cimiteriale: chiesa ed necropoli. Si tratta di cinque tombe a fossa terragna per otto sepolture con copertura a lastre molto sottili e non rifinite e pareti costituite da blocchi non squadrati privi di legame cementizio. Il rinvenimento di una tomba multipla, tomba familiare contenente tre sepolture (di cui una infantile), addossata al muro della chiesa, usato come parete della tomba stessa, permette di indicare l’uso cimiteriale posteriore alla costruzione della struttura ecclesiale. Ritrovamenti numismatici ne consentono la datazione tra la prima e seconda metà del X sec. Di poco anteriore è l’antistante chiesa d’Ognissanti, esempio eccellente di architettura preromanica pugliese. Essa si presenta con una facciata cuspidata in cui si apre il portale con architrave sormontato da un arco a sesto lunato, in rapporto al peso sovrastante, ed una monofora. Una piramide a base quadrata e trafori funge da copertura alla cupola centrale, con riferimenti a modelli del mediterraneo orientale; l’intera copertura dell’edificio è a chiancarelle, sottili lastre di pietra con funzione di tegole. L’edificio, a navata unica voltata a botte con cupola centrale, presenta un particolare impianto a croce contratta: due profonde nicchie a fondo piano con arco a tutto sesto si aprono nello spessore delle pareti ed ampliano l’angusto spazio interno rettangolare. Il paramento murario è rustico, a filari irregolari di pietre appena sbozzate e disposte su cospicui letti di malta. Solo il profilo degli archi e l’imposta delle volte sono sottolineati da conci squadrati e sbozzati a martello, così come i filari concentrici che costituiscono la cupola a vela. Singolari, rispetto ad altri esempi rustici dello stesso tipo iconografico, sono le proporzioni slanciate dell’edificio, in cui le pareti alte e compatte conferiscono all’insieme un aspetto monumentale, insolito in una chiesa rurale.
Tale impianto ecclesiale, il cui linguaggio architettonico è riconducibile all’oikoumene bizantino, in una versione più raffinata, si ritrova nella più tarda (1197) chiesa di S. Margherita, in Bisceglie, caratterizzata da un paramento murario costituito da blocchi calcarei di forma regolare levigati accuratamente ed uniti da sottili strati di malta. Ma, se a Pacciano lo spazio libero intorno alla chiesa permette di apprezzarne la particolarità, altrettanto non si può dire per la chiesa biscegliese, in quanto serrata dall’espansione urbanistica. Di una realizzazione qualitativamente più accurata si può parlare anche per la chiesetta romanica di S. Angelo, della seconda metà del XII sec., ubicata a pochi metri dalla chiesa principale, ma oggi ridotta a deposito agricolo. Si presenta come un piccolo ambiente a pianta rettangolare, absidato con una singolare decorazione a denti di sega, ed innalzato con un paramento murario più accurato a filari regolari di pietre calcaree locali perfettamente squadrate. Per le sue ridotte dimensioni e l’attenta lavorazione, figura come cappella gentilizia.
Caratteristica propria del Casale di Pacciano è di enumerare una serie di corpi di fabbrica di edilizia non unitaria che testimoniano la vita del sito dall’VIII fino al XIV.
Le mura, che cingevano il Casale, datate alla fine del X, hanno subito nel tempo evidenti modifiche. Infatti, solo la parte sud si pensa sia rimasta invariata, mentre per le restanti si è voluto ridurre al minimo lo spazio di terra non coltivabile. Mura più alte dovevano recingere un'area più estesa e inglobare anche la chiesa di S. Angelo ed altre strutture, oggi scomparse. Realizzata contestualmente alle mura di cinta, a cui vi si addossa, è la torre di vigilanza con impianto quadrangolare di dimensioni contenute (m. 3,5x4,5 alta 6,5m). La struttura presenta un unico vano con volta a botte e una feritoia che dà verso l'esterno. Un documento fotografico di un secolo fa, conservato al Catasto Terreni di Bari, offre un’immagine della torre più alta e con doppie feritoie sovrapposte. Ciò dimostra che la parte superiore della struttura è stata demolita per cause ignote. Posteriore alla torre è il corpo di fabbrica ad essa adiacente ed a cui si appoggia. Presenta due vani voltati a botte. Il primo ambiente sembra essere stato adibito a dimora, a motivo di un camino ed un pozzetto, mentre il secondo sembra fosse atto a ricovero di animali per via delle mangiatoie. Verso il limite nord – ovest del casale si dispone un secondo corpo di fabbrica tardomedievale, a vano unico voltato a botte, adibito a granaio- magazzino a ragione di due aperture rettangolari praticate nel tetto.
Essenziale per soddisfare l’esigenza di approvvigionamento idrico da parte di un’ampia entità demografica, doveva essere la grande cisterna, adiacente il lato sud – ovest della chiesa d’Ognissanti. Tre aperture ne danno accesso dall’alto, due (una ovoidale di m.1,80x1,50, l’altra circolare di m.0,80 di diametro) all’interno della cinta muraria, la terza di forma rettangolare (m.0,50x0,40) esterna, da essa, ad una distanza di 5m, un ulteriore ingresso dà la possibilità di accedervi dal piano di calpestio campestre. L’identica modalità costruttiva di tre aperture, sottili lastre di pietre con disposizione a raggiera, consente di individuare lo stesso periodo di realizzazione. Nel 1962 il prof. F Prelorenzo nel fondo della cisterna rinvenne una brocchetta acroma con corpo scanalato e ansa a nastro, databile al VII sec. d.C. e frammenti di altre due. Essa appartiene al tipo di ceramica tardoromana (VI – VII sec. d.C.). La cisterna si presenta con un planimetria rettangolare (m. 21,60x3,60), con volta a botte realizzata con conci sbozzati di medie dimensioni legati da abbondante malta ed un rivestimento in coccio pesto che funge da isolante nello strato inferiore. Le evidenti tracce di intonacatura parietale e lo stretto accesso in prossimità del piano di calpestio esterno danno adito all’ipotesi di un abbandono della sua funzione idrica a favore di un uso in epoca tarda come rifugio del bestiame ovino, dato che il Casale rientra nell’ambito del circondario di Masseria Posta Santa Croce, un tempo adibita a luogo di sosta di pastori con il loro gregge nel percorso di transumanza dalle località montane abruzzesi alle pianure pugliesi.
Il Casale, così strutturato, dà l’opportunità di ammirare il particolare impiego della calcarinite locale nelle diverse modalità: ora nei bozzetti irregolari dedotti dallo scasso dei terreni ed utilizzati a secco nelle strutture propriamente rurali, secondo una tecnica atavica tipica del paesaggio agrario pugliese, ora nei conci di medie dimensioni appena sbozzati ed apparecchiati con cospicui letti di malta, ora in filari regolari di conci rettangolari perfettamente squadrati con sottilissimi strati di malta che costituiscono i paramenti delle costruzioni di prestigio.
La vita del Casale, un tempo fiorente villaggio ben strutturato con una sua forza organizzativa sociale e religiosa, decade a partire dal XIV sec., epoca in cui, data l’inaffidabilità delle campagne al sopravvenire dell’occupazione normanna, perde la sua importanza, riducendosi al ruolo di masseria a beneficio della vicina di Vigiliae, l’odierna Bisceglie.

In tutto questo il Casale di Pacciano rivela essere un fulgido esempio di un’intensa storia vissuta, sopravvissuta, riscoperta, oggi valorizzata.

Indirizzo

Bisceglie (Barletta Andria Trani)

Via Vecchia Corato Km.4 - Bisceglie

Telefono

3476490082

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