Si è conclusa domenica sera, con Piazza Catuma gremita e festante come non mai, ad applaudire il bis di Simone Carotenuto e i suoi Tammorrari del Vesuvio, la decima edizione del Festival Suoni dal Mediterraneo, organizzato dal Centro Studi "Il Giardino dei Suoni" con il contributo dell'Assessorato alla Cultura del Comune di Andria ed il sostegno dell'Assessorato al Mediterraneo della Regione Puglia.
Dal 1998 , il Festival andriese diretto da Ruggiero Inchingolo, si impegna a rappresentare le voci e gli strumenti della musica popolare ed etnica italiana e straniera.
Ancora per una sera, la terza consecutiva, le luci della piazza, cuore pulsante del centro storico, si sono spente per permettere al pubblico attento e numerosissimo di ascoltare note e melodie senza tempo, dove i guardiani della tradizione si esprimono accanto alle nuove generazioni. Come i Tammorrari, presenti a Piazza Bonghi nel primo anno del Festival, 1998, sono tornati ad omaggiare il Festival anche i cantatori di San Giovanni Rotondo (guidati da Michele Rinaldi) con le loro chitarre battenti, strumento tipico del Gargano.
Ad aprire i due momenti dedicati rispettivamente alla formazione del pubblico (nel cortile di palazzo Ducale) ed ai concerti serali (in piazza Catuma), c'erano Davide Roberto, andriese appena laureato al Dams di Roma (con una tesi sulle tecniche del tamburello salentino) e la Fanfara Populara, che ha ripreso la tradizione delle bande di paese rinvigorendola grazie all'uso di strumenti ad ancia come la ciaramella, la cornamusa e lo chalumeau.
Sabato 2 agosto, secondo giorno di Festival, i tanti appassionati della contaminazione fra generi che sono rimasti in città hanno visto svolgersi sul palco il confronto musicale tra Africa e Puglia per creare un mix originalissimo tra la pizzica di San Vito e la Musica africana, grazie all'incontro sul palco, nel nome del dialogo interculturale, tra il mandolinista Mimmo Epifani di San Vito dei Normanni, custode della tecnica “alla Barbiere” e la Gangbé Brass Band, proveniente dal Benin, potente formazione con 8 fiati che s'intersecavano con strumenti e polifonie vocali proprie dell'Africa occidentale.
Un paio d'ore prima il cinema aveva fatto capolino a Palazzo Ducale, dove era stato proiettato "Latrodectus", documentario in anteprima assoluta di Jeremie Basset e Irene Gurrado che si è interrogato sui vari aspetti che compongono il fenomeno del tarantismo e sulle interpretazioni su di esso fornite da ricercatori come Georges Lapassade (scomparso tre giorni fa a Parigi), docenti come Gino Dimitri ed etnomusicologi come Ruggiero Inchingolo, (anche autore della colonna sonora del film), ma non sono mancate le interviste ad aracnologi e testimoni viventi di casi di tarantismo come Giovanna Stifani, figlia del violinista Luigi, musico terapeuta protagonista dei rituali di guarigione dei tarantati nonché informatore principale di Ernesto de Martino nella sua Terra del rimorso.
Da segnalare l'iniziativa del Centro Studi "Il Giardino dei Suoni", che ha organizzato il suo 1° corso di pizzica, tenutosi a Palazzo Ducale nelle giornate di venerdì e sabato, occasione unica che ha permesso ad oltre 120 partecipanti di avvicinarsi alla pratica del ballo salentino e a conoscerne i passi tipici.
Dedicata alla memoria di Pino Zimba la prima serata, vissuta con calore e partecipazione da un pubblico accorso in massa per stringersi attorno al palco in un grosso abbraccio al ritmo della pizzica e salutare il grande tamburellista ed indimenticabile personaggio.
Quattro nuovi lavori presentati da Massimiliano Morabito, Fanfara Populara e Mimmo Epifani per quanto riguarda la musica, più il film documentario "Latrodectus" girato tra Francia e Italia;
un concerto-lezione con la musica popolare del Gargano che ha ipnotizzato la platea di Palazzo Ducale;
un seminario che ha pemesso ad un giovane ricercatore andriese di spiegare le tecniche del tamburello salentino e confrontarle con quelle di altre regioni d'Italia come la Campania e la Calabria;
sei concerti serali emozionanti e soprattutto trascinanti.
Suoni dal Mediterraneo riesce da dieci anni a far ballare tutti, a riempire le piazze del centro storico, a valorizzare le nuove formazioni senza dimenticare i custodi della tradizione, a fare formazione senza annoiare il pubblico, a ricordare che si può ancora mettere lo spettacolo accanto alla cultura senza che quest'ultima ne rimanga travolta.
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