"Per il Cinema Italiano", dura polemica
Riceviamo e pubblichiamo integralmente:
NELLA VALLE DI ELAH
Siamo qui ad esporre con il maggior equilibrio possibile e la migliore capacità di analisi a nostra disposizione, quanto avvenuto in questi ultimi giorni a Bari, in relazione all’Italia Film Fest e agli avvenimenti che ci hanno visto coinvolti con altri operatori dello spettacolo e della cultura pugliesi.
Innanzitutto ci teniamo a chiarire che nessuno vuole, né mai ha voluto, costruire un muro invalicabile per impedire l’accesso in Puglia ad operatori ed artisti provenienti da altre parti d’Italia e del Mondo, perché sappiamo che costoro portano idee, progetti, sviluppo economico al territorio, nonché crescita di competenze.
Nessun artista, per quanto “provinciale” possa essere, può pensare diversamente.
Quello che è stato sottolineato nell’intervento di Mongelli alla conferenza stampa dell’IFF del 17 gennaio, è che noi pugliesi vogliamo avere le stesse identiche possibilità offerte a chi viene da fuori.
Infatti chi lavora qui ha spesso competenze e presenze internazionali valide quanto e in qualche caso maggiori di chi non ha residenza in Puglia.
La scelta di lavorare sul territorio non può essere penalizzante.
Per ovviare a questa lettura distorta del rapporto tra operatori esterni ed interni, basterebbe che gli enti, secondo trasparenza, mettessero a bando pubblico l’organizzazione di eventi e la loro esecuzione e che a decidere fosse chiamato un giurì al di sopra di qualsiasi coinvolgimento personale, territoriale (questo sì che sarebbe antilocalismo!), estranei ad imbarazzanti conflitti d’interesse.
Così nessuno avrebbe da ridire o insospettirsi o protestare.
Un bando fatto negli interessi della collettività e quindi senza artifici per favorire questo o quello, renderebbe tutto più lineare.
Inoltre, quegli enti che sono nati per volontà istituzionale per sostenere e promuovere i privati che operano sul mercato, non dovrebbero, cambiando la propria missione, entrare in concorrenza con questi, o sostituirsi ad essi, peraltro favoriti da forza economica e organizzativa.
La questione non è che non si vuole concorrenza. Anzi! Ma che la concorrenza sia leale!
La nostra protesta non nasce da un interesse particolaristico o localistico, ma dall’esigenza di difendere il sacrosanto e democratico diritto di ognuno a competere per migliorare la propria condizione e conseguentemente quella della collettività.
E’ una lotta impari avere come concorrenti operatori pubblici che intervengono con cifre prevalentemente di provenienza pubblica, di gran lunga superiori di quelle messe a nostra disposizione e, tra l’altro, ottenute con procedure molto diverse da quelle usate nella prassi più consueta.
E’ assai difficile stare a galla su un mercato dove sponsor, organi di stampa, le stesse autorità sono “calamitate” da un evento come quello passato in città.
Quale sponsor sarà più disponibile nel futuro a sostenere attività cinematografiche che non abbiano quella “potenza di fuoco”, quei sostegni politici, quel sistema di informazione?
Chi scrive non ha mai organizzato “sagre”, anzi se un’accusa viene loro rivolta è di avere una concezione della cultura troppo elitaria.
La stampa locale e quella nazionale ed internazionale, sa bene che le sagre non rientrano nella loro attività, quindi alle osservazioni facilmente mal interpretabili della massima autorità regionale, avrebbero avuto diritto al beneficio del dubbio da parte di una informazione più attenta.
Ma chi siamo noi per poter godere di tanta democrazia?
Avremmo gradito una maggiore solidarietà da parte dei colleghi (che in parte c’è stata, ma non tanto quanto quella dimostrata dai liberi cittadini), perchè questa nostra protesta è nata da un bisogno di giustizia, di trasparenza, di legalità, che favorirebbe anche la loro crescita professionale ed imprenditoriale.
Invece e addirittura, qualcuno ha utilizzato questo momento di scontro per schierarsi pubblicamente, malgrado sperticate precedenti dichiarazioni di adesione alla nostra causa, dalla parte di coloro che, in possesso del microfono e del potere, ha agito in modo oltraggioso contro chi era lì, non per difendere il proprio film o il proprio festival, ma un’Idea, un Principio, tutte cose che evidentemente sono a quelli estranee.
Molti dubbi, malgrado il relativo successo di pubblico, abbiamo sulla natura culturale della rassegna, il cui trionfo è stato proclamato nella manifestazione “di apparato” della serata conclusiva del 17.
Una rassegna con 10 film ultraconsacrati in tanti festival, 3 anteprime italiane, 1 straniera.
Già questo la dice lunga sulla natura dell’IFF, che festival non è stato!
Un festival ha l’obbligo di presentare in buona parte anteprime, di guardare avanti e non di essere una manifestazione celebrativa di celebrità.
Infatti le celebrità sono state l’unico piatto forte dell’iniziativa.
Una passerella di autori, attori e protagonisti del cinema italiano di considerevole spessore, che ha attratto il pubblico barese sicuramente attento alla vita del cinema, come ha sempre dimostrato riempiendo le sale cittadine, in questa occasione, come in altri contesti di normale programmazione (Galleria e Kursaal possono testimoniarlo!) o di altri eventi promozionali.
Un festival, un evento di natura culturale, con quel budget a disposizione (assolutamente imparagonabile con il budget del Festival di Roma, ma anche con la qualità di quella manifestazione!), non può essere solo quantità e celebrità!
Una brevissima conclusione sulle offese infondate da parte di chi, per ruolo, prestigio, anzianità, dovrebbe saper controllare meglio le proprie reazioni.
Alle calunnie che ci riguardano risponderemo nelle sedi opportune e nei modi appropriati e non di fronte a platee condiscendenti.
Mimmo Mongelli e Nico Cirasola
BARI, 20.01.2009