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Un pugno della mia terra

Un pugno della mia terra
Marcela Serrano scriveva che «Una donna è la storia delle sue azioni e dei suoi pensieri, di cellule e neuroni, di ferite e di entusiasmi, di amori e disamori. […] Una donna è la storia di piccolezze, banalità, incombenze quotidiane, è la somma del non detto. Una donna è sempre la storia di molti uomini. Una donna è la storia del suo paese, della sua gente. Ed è la storia delle sue radici e della sua origine, di tutte le donne che furono nutrite da altre che le precedettero affinché lei potesse nascere: una donna è la storia del suo sangue». L’incontro di venerdì 6 novembre, prima di essere la presentazione del libro “Un pugno della mia terra”, era la testimonianza di una donna, Maryam Rahim, originaria di Teheran, città grande sette volte Roma, legata alle tradizioni locali e allo stesso tempo un po’ occidentalizzata. Una terra ricca di contraddizioni e bellezze. Maryam Rahim possiede la perfetta indole femminile, passiva eppure enormemente forte. I suoi grandi occhi arabi, perle d’oriente, esprimono rabbia, forza, dolore, dignità, appartenenza alla lotta che conduce il suo popolo. Il sorriso che offriva generosamente, è un sorriso caldo e dolce, ma anche rassegnato, quasi a voler ricordare a se stessa che la bocca serve anche per quello. La donna limitata, la donna bloccata nella società da leggi di regime. Un regime che opprime e sfibra il cuore di questa terra, che ha dato fuoco ad una rivoluzione popolare. Nelle elezioni che si sono tenute a giugno 2009 il presidente uscente era Ahmadinejad. L’avversario Mousavi era sostenuto da ricchi, intellettuali, studenti, donne, minoranze etniche. Eppure ”inspiegabilmente” ha vinto Ahmadinejad e da lì è esplosa la rabbia dei manifestanti per la negata vittoria a Mousavi, per i brogli elettorali e per il ritorno del regime. Io mi chiedo. Noi donne siamo nate o siamo state educate così? Attente a quello che accade agli altri, forti da essere il perno della famiglia, ma con le ali tarpate nella società, con un forte spirito di sopportazione. L’ONDA VERDE, il movimento dei giovani che in Iran manifesta in piazza, è costituito da un’alta percentuale di donne che fioriscono manifestando, che scendono sapendo che saranno maltrattate e che conosceranno il carcere. Le donne esprimono il dissenso affinché i propri figli abbiano qualcosa di meglio e sanno dare colore al freddo, desiderio alla stanchezza, sapore all’acqua. Esse sanno che esserci è rischioso, doloroso, ma giusto! Queste donne non gridano perché hanno sconfitto il silenzio, dove passano e guardano loro non c’è solitudine. Io, anche se lontana, appoggio la loro lotta per la libertà e lo faccio con piccoli gesti come quello di aver acquistato il libro di questa donna, aver partecipato all’incontro o semplicemente sentirmi vicina con il cuore. Donna, resisti, manifesta per la libertà e per il rispetto basilare dei tuoi diritti, mentre di mitezza ti vesti e piangi! Alessandra Convertino

09/11/2009 00:00

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