La notte del 9 Novembre ’89, tutto l’odio accumulato nei confronti di un muro che ha diviso a lungo, si esprime in rabbia, la rabbia con cui i berlinesi hanno sgretolato le pietre a colpi di piccone, abbattuto il filo spinato dando vita concreta ad una frase scritta sulla pietra: “L’amore è più spesso del cemento!”
La commedia di Marco Paolini “Miserabili”, musicata in maniera eccellente dai Mercanti di Liquore, colloca il pubblico nella condizione di partecipare ponendosi delle domande o confermando cose già sentite o illuminandosi per nuovi pensieri…in qualsiasi maniera “PARTECIPANDO”.
Lo spettacolo parla di qualcosa che riguarda tutti, il capitale (sin dall’800 oggetto di discussione), il mercato, la globalizzazione malata, che non tiene conto della concentrazione del potere nelle mani di pochi, della tendenza all’omologazione culturale, della de-localizzazione, della nascita dei non-luoghi, dello sradicamento, della perdita d’identità e delle proprie radici, dell’idolatria del mercato spietato, dell’aumento delle patologie dell’insicurezza.
Le radici sono l’identità e di un’identità hanno bisogno tutti: l’identità è intima, involontaria, costituzionale ed essenziale, più del pane. Siamo in grado di mandare un uomo sulla luna, mandiamo le sonde su marte per scoprire se vi è acqua e non siamo in grado di dire: “Fermati! Che succede?”. Perché l’andare sulla luna appartiene a un’altra categoria dell’uomo, appartiene al suo ingegno, alla sua fantasia, al suo desiderio di grandi mondi. Quello della guerra, dell’apparenza, della rassegnazione appartiene alle sue viscere.
Lo sviluppo chiama sviluppo, il capitale chiama capitale, noi occidentali non riusciamo a sganciarci da questa morsa, dobbiamo svilupparci e produrre ancora e ancora, e ancora in un circolo vizioso che è la nostra folle idea di progresso.
Questo spettacolo vuole essere quasi un aneddoto, un vaccino contro la rassegnazione dilagante, un grido che inneggia alla volontà di rieducare alla speranza la cittadinanza. La commedia ha avuto luogo nel porto di Taranto, città stupenda e martoriata da grosse problematiche.
La location ha apportato un grosso contributo, la scenografia era formata da vari container posti uno sull’altro, quasi a creare un muro, una struttura che ci facesse sentire piccoli in confronto, per dare l’idea di solitudine, di tanti mondi probabilmente più evoluti, ma soli..
Nei container posti in alto, c’erano i Mercanti di liquore che con la musica interloquivano o facevano da sottofondo all’attore. Nei loro container vi erano dei lampadari e pareti fiorate, quasi a riprodurre delle case, a mio modesto parere i nostri mondi, vicini, ma lontani, l’uno accanto all’altro, ma che non si guardano.
Chi sono i miserabili? l titolo richiama il romanzo di Victor Hugo, scritto nel 1862. In quell’opera, reputata colossale si narra di miserabili, ma diversi, oggi siamo noi…siamo diventati noi da quando ci siamo rassegnati, quando abbiamo permesso che ci trattassero come “merce”, siamo noi quando solleviamo muri invisibili con chi reputiamo diverso, siamo noi quando rinchiudiamo i nostri desideri all’interno di un centro commerciale..
Riempiamo il carrello ma svuotiamo la nostra vita di tempo, di pensieri, di emozioni. Non pensiamo più a noi, alla cura della nostra mente, come diceva Paolini “siamo tutti più abbronzati ma senza idee”.
L’apparenza è ciò che ci accompagna, il biglietto da visita, non ci facciamo un’opinione su ciò che ci circonda, preferiamo che qualcun altro pensi al posto nostro, che ci rinnovi la mente come un pacco confezionato.
Io non mi accontento di portare al macero i miei sogni e le mie speranze, ora che siamo così sopraffatti dal silicone del Grande Fratello, dalle mille parole inutili spese in programmi offensivi e dalla vacuità e il nulla che avanza! I desideri sono la grande molla. Tutto il progresso o regresso è dovuto al desiderio.
Ci hanno portati a definire tutto ciò “stile di vita”, per dargli una natura più familiare, ma lo stile di vita è altro…è la rotta, è la direzione, è il sentiero, non la meta! Sono i punti fermi, l’amicizia, la famiglia ed altri. La vita ha un senso unico, sempre avanti, non si torna indietro, ma si corregge quello che sarà…e io non credo più nelle “rivoluzioni”, ma nelle “evoluzioni”, il partecipare tutti al cambiamento con sacrificio, sofferenza e abnegazione.
(Alessandra Convertino)