il Tacco di Bacco

La storia di Giovanni Spampinato “Ucciso per aver scritto troppo”

La storia di Giovanni Spampinato “Ucciso per aver scritto troppo”
“Assassinato perché cercava la verità”. Lo titola L’Ora di Palermo, l’indomani dall’uccisione di Giovanni Spampinato, giovane giornalista d’inchiesta corrispondente da Ragusa. "Ora devo scalare le vette dei ricordi più dolorosi e spiacevoli. Vorrei fermarmi qui, ma non posso. Devo andare avanti a ogni costo". C’erano bei cani ma molto seri – storia di mio fratello Giovanni ucciso per aver scritto troppo, potrebbe iniziare anche qui, a pagina 123. Da questo momento, Alberto Spampinato entra in quella manciata di anni “ruggenti”, come li definisce, vissuti dal fratello al quotidiano siciliano L’Ora, tra il ’69 e il ’72. E racconta, analizza, ricorda, ristende. Come il fratello Giovanni, ai tempi in cui scriveva inchieste dalla propria città, da solo, con il “grassetto” del suo nome nudo e crudo in cima ad ogni articolo. La mafia nella città “babba” di Ragusa, che “babba” non era. Gli intrecci politici che non erano soltanto politici. Gli scavi archeologici che scavi, come descrisse Giovanni Spampinato, non erano affatto. Ma per comprendere tutto questo occorre anche il prima e il dopo di quell’immersione nei fatti. La storia di una famiglia, di una città definita “l’isola nell’isola”, di una regione come la Sicilia. In un arco di tempo che va dal dopoguerra sino ai movimenti studenteschi. E che è storia d’Italia. Alberto Spampinato ha iniziato la sua trentennale carriera giornalistica all’Ora di Palermo, come il fratello, nel 1973. Del glorioso quotidiano è stato capo della redazione romana. Da dieci anni è il “quirinalista” dell’Ansa. Presenterà a Foggia Mercoledì 17 Febbraio, ore 18.30 il suo libro “C’erano bei cani ma molto seri. Storia di mio fratello Giovanni ucciso per aver scritto troppo”. Ospite della serata sarà anche Daniela Marcone di Libera. "Pensavo che tutti volessero conoscere la vera storia di Giovanni. Speravo che qualcuno, prima o poi, l’avrebbe scritta, e l’avrebbe spiegata anche a me. Immaginavo che tutti quelli che conoscevo mi avrebbero aiutato a trovare le risposte che cercavo. Mi sbagliavo. Scoprii che il dolore degli altri non sempre suscita pietà. Spesso fa paura. Le persone normali temono di esserne contagiate. Mi rassegnai a malincuore a muovermi da solo. Per trovare le risposte che cercavo dovevo andare in fondo alle cose. E io andai in fondo." (Alberto Spampinato)

17/02/2010 00:00

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