Palco spartano. Quasi immenso per il trio. Poi, improvvisamente, sembrava non esserci più spazio: la melodia della chitarra acustica di
Steve Hackett ha riempito la sala, la platea, tutto. Tutti. Non c’era più aria. Si respirava musica. Insieme al grande chitarrista, entrato nel 2010 nella prestigiosa Rock And Roll Hall Of Fame,
John Hackett al flauto e
Roger King alle tastiere.
Unica data sud italiana. Il
Teatro Kennedy di Fasano, mercoledì 8 giugno scorso, ha registrato un sold out e un successo incredibile per la XIV edizione del
Fasano Jazz, rassegna consolidata e decantata per gli artisti internazionali ospitati. Non è jazz, è progressive, alternative, musica sperimentale. Questa apertura del festival a generi lontani dalla visione bloccata del jazz, lo rende adatto ad un pubblico esigente, dai gusti differenti.
Steve Hackett è la personificazione dell’eterogeneità: il suo stile è mutevole, la sua creatività indefessa, la sua vena poetica è prolifica. Maestro di blues, world music, rock, elettronica, musica classica. Il suo tapping con la chitarra ha influenzato
Eddie Van Halen, mentre lo sweep-picking è stato ripreso da
Yngwie Malmsteen. Evidente è la propensione al folk britannico, peculiare di
Nick Drake, e ai suoni progressive dei
Genesis, di cui è stato chitarrista dal 1970 al 1977, con
Peter Gabriel.
Durante il live,
Steve Hackett ha proposto brani incredibili come A midsummer’s night dream, Metamorpheus, Momentum, che suggerivano incantevoli atmosfere medievali.
Suo fratello
John Hackett, che ha sostituito
Rob Townsend, ha regalato un momento di improvvisazione al pubblico, lasciandolo in apnea. Walking away from rainbows, Bay of kings, Sketches of Satie sono gli altri brani che hanno fatto sognare il pubblico in sala.
Un concerto toccante, intimo, in cui il trio ha rivisitato pezzi classici, proposto i suoi brani e riesumato vecchie canzoni dei Genesis. Alla fine, dopo un’ora e trenta di concerto, il pubblico non voleva più lasciare il teatro.
Mariagrazia Semeraro