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"Percoco" di Marcello Introna: la recensione d'autore di Mirella Mastronardi

"Percoco" di Marcello Introna: la recensione d'autore di Mirella Mastronardi
Marcello Introna ha scritto un libro magnifico, da leggere tutto d’un fiato. Si tratta della vicenda di Franco Percoco, primo omicida seriale famigliare della storia d'Italia, dopo la guerra. Percoco uccise nel '56, nel centro della Bari "bene" la madre, il padre e il fratellino down a coltellate, nascose i corpi in casa e per 12 giorni si diede alla pazza gioia, diventando per la prima volta nella sua vita sorridente, solare, sicuro di sé. Percoco festeggiava insieme agli ignari amici mentre nella stanza accanto la calura estiva faceva scempio dei corpi martoriati. Il dramma si consuma nella palazzina di via Celentano 12, in cui abitano una madre casalinga tutta dedita alla famiglia ma triste e rassegnata, un padre ferroviere semplice e pieno di amore, un fratellino down dolcissimo, un altro fratello in carcere perché cleptomane, appunto. Poi c'è Franco, il protagonista studente universitario sul quale convergono tutte le speranze di riscatto della famiglia. Franco patisce queste speranze che sono tutte su di lui, tutte sulle sue spalle piccole e purtroppo, non intelligenti. Non tollera l'apatia e la rassegnazione, non sopporta più. Cerca di ritagliarsi angoli di libertà con scorribande stupidotte, sempre viene scoperto e riportato a casa, con il peso addosso e crescente dei suoi piccoli fallimenti. Fallimenti che la famiglia non vuole vedere, su cui passa sopra, alternando una malcelata sopportazione alla speranza e alla delusione, perché Franco è l'unica possibilità di rilancio sociale in quel loro ristretto e placido orizzonte piccolo borghese. Leggendolo ho incontrato uno sguardo sulle cose intelligente e ironico, passaggi di sintesi al tempo stesso disincantata e tenera. Prende forma la persona Percoco e non sai che fare, se perdonare i suoi maldestri tentativi di indipendenza e libertà oppure non avere pietà e cancellare dalla mente persino l'idea che al mondo possa esistere lui e la sua famiglia claustrofobica e derelitta, normale nel suo essere senza troppe risorse e piena di amore disperato. Lo sguardo di Marcello così rispettoso e pieno di amore, mi piace molto. E' la storia di una cronaca nera, si sa quindi già bene quale sia il finale atroce e violento, ma nonostante questo Marcello entra in quella famiglia, la ama unendo l'empatia all'amarezza e ti coglie una sorta di nostalgia famigliare con al fondo una piccola gioia, nonostante il vuoto e l'angoscia. Giulio handicappato e down (persino lui arriva al disincanto, persino lui così puro e pulito, aperto, senza alcuna malizia si chiude in un mutismo sfiduciato e diffidente, e già sa che sarà nuovamente colpito, tradito, umiliato, abbandonato a se stesso), ecco Giulio potrebbe essere un fratello, la madre catapultata in una realtà che sembra non sua, potrebbe essere una qualunque donna sposata all'uomo sbagliato, o forse drammaticamente e per paradosso al contrario, data al marito perfetto perché possa compiere il suo destino di essere umano fragile al punto da rompersi, schiantarsi nella debolezza. L'empatia nasce perché Marcello rende il dramma di chi si perde. Giorno dopo giorno segui questi esseri umani in un cammino che arrivi a prevedere. Come nei personaggi delle tragedie forse non hanno nel proprio nome già scritta la propria morte, ma di certo i caratteri sono stati già assegnati all'origine e non si può far altro che seguirli in una discesa al nulla che è la loro vita. L'ironia e questo suo essere a volte deus ex machina è l'altra cosa interessante: Marcello sa già come andrà a finire, ma compatisce amando. Il sangue che ci sarà per quanto brutale è in fondo una liberazione, una sorta di orgasmo che conduce alla fine. Insomma è un bellissimo modo di raccontare una storia vera, un modo raro perché difficilissimo. E' una di quelle storie che raccontano tutto il nostro presente, con grazia. Con rispetto per tutti gli sventurati protagonisti. E insegna agli uomini di oggi quale sia una delle malattie più subdole della nostra società, ovvero il non saper vedere la realtà che c'è dentro alle persone, seppellendola sopra una serie di proiezioni, speranze idiote, fantasie, ambizioni personali. Mirella Mastronardi Percoco di Marcello Introna - Il Grillo editore

16/07/2012 16:00
Redazione - il Tacco di Bacco

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