Artaserse apre la trentottesima edizione del Festival della Valle d’Itria con un grande esibizione del controtenore Franco Fagioli, nel ruolo che fu di Farinelli
La prima rappresentazione fu nel 1730 al Teatro di San Giovanni Grisostomo di Venezia, nel 2012 “Artaserse”, di Johann Adolf Hasse, giunge a Martina Franca, per la trentottesima edizione del Festival della Valle d’Itria.
Una scenografia imponente per questa prima opera in cartellone, che ha debuttato lo scorso 14 luglio, aprendo ufficialmente il Festival di quest’anno.
Il palcoscenico è subito un colpo d’occhio: la ricostruzione di una sorta di palazzo reale, molto spartano, caratterizzato da una spessa struttura in ferro, che all’occorrenza si muove e rende dinamica la scena, in perfetta sintonia, se pur con le dovute rivisitazioni, con la tradizione delle scenografie Barocche cosiddette della “meraviglia”, che utilizzavano una serie di marchingegni allo scopo di destare sorpresa nello spettatore e di captare la sua attenzione.
La vicenda è ambientata a Susa, capitale dell’Impero Persiano, nel V secolo a. C., e vede protagonista Artaserse I Longimano, che diviene imperatore in seguito alla morte del padre Serse, caduto vittima di una congiura, e si ritrova “amleticamente” a dover scegliere tra i doveri imposti dall’esercizio del potere, in qualità di monarca e tra i suoi affetti, in qualità di uomo. La trama è abbastanza intricata ed i costumi degli attori (divise militari per gli uomini e ampi abiti a stile impero per le donne) possono, a tratti, creare confusione allo spettatore.
I fatti sono pressoché questi: Artabano, prefetto delle guardie reali confessa al figlio Arbace di aver ucciso l’imperatore Serse. Ciò che spera Artabano è che Arbace guidi una rivolta contro l’impero. Ma Arbace è un fedele amico di Artaserse, figlio dell’imperatore, che quindi salirà al trono, nonchè amante di sua sorella Mandane e per questo motivo deluderà le trame del padre, giurando fedeltà al nuovo re. Artabano, nel frattempo, cercherà di convincere Artaserse che il fratello Dario sia il colpevole dell’omicidio, ma sarà Arbace ad essere ritrovato con la spada macchiata del sangue di Serse e quindi ad essere condannato. Alla fine, la forza dell’amicizia tra Artaserse e Arbace svelerà le trame e gli inganni, concludendo la vicenda con l’esilio di Artabano e il doppio matrimonio di Artaserse con Semira, sorella di Arbace, e di quest’ultimo con l’amata Mandane.
Questa per sommi capi la storia narrata nel libretto di Pietro Metastasio, che viene rivista in questa rappresentazione martinese dall’eclettico regista Gabriele Lavia.
La messa in scena dura circa tre ore e con le pause si arriva a quasi quattro ore, ma la musica barocca e
le perfomance del controtenore Franco Fagioli nel ruolo di Arbace, che fu anche il ruolo del celebre cantante castrato Farinelli, conquistano letteralmente lo spettatore.
Memorabile l’aria “Pallido il sole” cantata da Sonia Prina, la quale intepreta il personaggio di Artabano.
Una curiosità: il dramma, diviso in tre atti, prevede solo sei personaggi coristi senza il consueto coro, che solitamente qui nella città del Festival giungeva da Bratislava.
Angela Maria Centrone