Nûr: prima mondiale al Festival della Valle d’Itria
Per la prima volta il Festival della Valle d’Itria commissiona un’opera inedita e il risultato è Nûr, opera da camera musicata da Marco Taralli con libretto di Vincenzo De Vivo, ispirata ad un’idea originale di Marco Buticchi.
La vicenda è ambientata all’Aquila, di notte, due giorni dopo il disastroso terremoto del 2008: siamo in un ospedale di fortuna e Luce, così la chiamano gli infermieri e i medici volontari, è tra i feriti del terremoto e ha perso temporaneamente vista e memoria, inoltre soffre di allucinazioni/evocazioni che le faranno incontrare Pietro da Morrone (il futuro papa Celestino V che abdicò per tornare alla vita ascetica) e Jacques de Molay, l’ultimo Gran Maestro dell’ordine dei templari, il quale fu condannato al rogo. Attraverso i loro racconti Luce ritrova la speranza, capisce l’importanza del perdono e vive una sorta di rinascita, nella quale incontrerà Samih, un giovane volontario di origini magrebine, nella quale riconoscerà il figlio strappatole dalla nascita.
Sabato scorso c’è stato l’attesissimo debutto dello spettacolo al Teatro Verdi di Martina Franca, qualcuno ne è uscito soddisfatto, qualcun altro un po’ meno: ciò che forse non ha convinto molti è stata la rievocazione dal passato di queste figure storiche, ma documentandosi adeguatamente, in particolar modo su Celestino V, il senso c’è. Ritroviamo, infatti, in Nûr un principio antico quanto importante e veritiero: la storia è magistrae vitae, i contemporanei dovrebbero far tesoro degli insegnamenti dei grandi del passato, solo in questo modo si è pronti ad accogliere quel che giunge dopo, il futuro.
Bellissime le scene di Benito Leonori, che utilizza magistralmente le luci e gli spazi, dando davvero l’idea allo spettatore che dal buio della tragedia si possa davvero scorgere la luce della rinascita.
Degne di nota le interpretazioni di Paolo Coni (Premio Celletti 2012) nel ruolo del frate Pietro da Morrone e David Ferri Durà nel ruolo del medico volontario Samih, che riesce a commuovere la platea nell’interpretazione della ninna nanna araba.
Nûr (appunto “luce” in lingua araba) è una storia che mostra come in questa vita, se si è pronti a perdonare se stessi e gli altri, esista sempre una speranza di riscatto, di provare ancora gioia dopo tanto dolore, di riuscire ad amare ancora dopo la sofferenza, di ritrovare la luce dopo aver vagato a lungo nel buio. E forse questa oscurità è servita a farci comprendere quanto il mondo possa essere luminoso.
Angela Maria Centrone