il Tacco di Bacco

Il Jarrett che ci piace, al Teatro Petruzzelli

Il Jarrett che ci piace, al Teatro Petruzzelli
Per tranquillizzare tutti iniziamo dicendo subito che è filato tutto liscio, …. il personaggio Jarrett si sa, è tristemente famoso anche per i suoi capricci e per quelle reazioni alquanto imprevedibili che tengono pubblico e addetti ai lavori sempre col fiato sospeso…. Ma non è questo il caso, e non era questa la serata. L’uomo Jarrett ieri sera a Bari si è comportato bene, fin troppo. Sarà stato lo splendore del Petruzzelli con i suoi ventuno gradi centigradi espressamente richiesti dal maestro, o probabilmente l’ottima cena consumata in un famoso ristorante di Bari prima del concerto, fatto sta che per qualsivoglia ragione Jarrett sembrava compiaciuto di trovarsi li, su quel palcoscenico che ha visto attraversare la storia della musica e che adesso potrà vantare anche chi quella storia ha contribuito a crearla, almeno per quello che riguarda il jazz. Fatte le dovute raccomandazioni iniziali, preceduto dai suoi amici di sempre, Gary Peacock e Jack Dejohnette, Keith fa il suo ingresso in scena con le mani in tasca, quasi a voler nascondere le “armi” con le quali da lì a poco avrebbero messo a tacere anche il peggiore dei suoi nemici: se stesso. Ombrato dai suoi immancabili occhialini, atteggiamento schivo e privo di qualsiasi forma di emotività, Keith non perde tempo, inizia a suonare ancor prima di sedersi al piano. Quella mano buttata li, giusto per mettere in sintonia il suo Steinway (fortunato eletto fra tanti) con il contrabbasso di Peacock, mi è bastata per capire che era proprio lui…non credevo ai miei occhi, era tutto reale (scusate la parentesi personale ma era la mia prima volta e attendevo questo momento da molto tempo). Il piano in posizione perpendicolare all’orizzonte del palco, spalle al pubblico: inizia l’esperienza. Si perché andare ad ascoltare Jarret non è come andare ad un concerto qualunque, è un qualcosa che si vive con grande coinvolgimento e intensità. Tutti i sensi sono allertati, tutte le sostanze recettive sono messe sotto pressione, non ci si può permettere di lasciarsi sfuggire niente di ciò che arriva da quella parte del teatro. Jarret inizia a darsi, e noi li, tutti magicamente assopiti in quei ventuno gradi che adesso hanno anche un odore, un sapore, e variegati colori. Dopo circa tre quarti d’ora la sinfonia dei sensi s’interrompe, i tre escono di scena e si avverte quasi un senso di smarrimento generale. Non era chiaro, concerto finito o ché? Niente paura, Jarrett si appropria di un rito in genere attribuito al mondo della classica: la pausa centrale. Nella ripresa Keith continua a darsi, tra commoventi ballads, blues graffianti e infiltrazioni be bop. Sembrava divertirsi, di tanto in tanto si concede una passeggiatina intorno al piano per lasciare spazio anche agli altri...Ho avuto l’impressione come se si trovasse a suo agio; se la stava vivendo bene, e noi di conseguenza. Tutto filava alla perfezione, perché di questo stiamo parlando: di perfezione. Un termine unico è sufficiente per sintetizzare l’esperienza consumata ieri sera, non serve aggiungere altro. Terminato il dovuto, Jarrett & Co. raccoglie il meritato entusiasmo che arriva dai tanti accorsi per l’occasione e li premia ancora, regalando ben tre bis, cosa non comune. Si lascia persino fotografare… Li ho capito che gli stava proprio piacendo, ho sentito abbattersi quel “muro” che a volte si avverte quando si ha davanti una personalità come la sua, specie se alimentato da una sorta di terrorismo psicologico. Ad ogni modo, per quanto criticabile, noto che produce buoni effetti. Cala il sipario, si accendono le luci, si aprono le porte. Man mano che guadagniamo l’uscita quei preziosi ventuno gradi iniziano ad aumentare e tutto lentamente torna alla normalità… L’esperienza si conclude, tra i soliti riti, e la “liberazione” di un pubblico che spero riesca a riservare le stesse attenzioni, rigore e rispetto anche quando non si tratti di sua maestà Keith Jarrett. E’ uno dei pochi che riesce a trascinarsi dietro il concetto di qualità totale, dall’organizzazione allo spettatore, a certe latitudini andrebbe premiato solo per questo…Ho assistito ad un evento davvero godibile in tutti i suoi aspetti, come non mi capitava da tempo e come personalmente vorrei che generalmente fosse. Sembrava di stare all’estero. Il pubblico italiano è famoso per essere tra i più indisciplinati al mondo, ha perso ormai ogni forma di educazione all’ascolto, tra ritardi, passeggi, rumori, suonerie e LCD. Qualcuno che ogni tanto, oltre a esprimersi divinamente, ci ricorda anche un po’ di buone maniere, non può che far bene… Mr. Gradus Nota della redazione: Un tiratina di orecchie all'organizzazione: accreditare i giornalisti soltanto due ore prima dello spettacolo, lo troviamo poco professionale e fa tanto "ora diamo gli omaggi per riempire il teatro" sul filo del last-minute. Alla prossima ;-)

28/07/2012 15:31
Redazione - il Tacco di Bacco

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