Gli equilibristi di De Matteo, la recensione
Gli equilibristi è un film italiano del 2012, diretto da Ivano De Matteo ed è stato presentato alla 69° mostra del cinema di Venezia, nella categoria Orizzonti.
Giulio (Valerio Mastrandrea) è un padre di famiglia amorevole, impiegato comunale di rara pazienza, sposato con Elena (Barbora Bobulova) con la quale è chiaro, già dalle prime battute del film, vi è qualche problema. Elena, infatti, non riesce a perdonare a Giulio una scappatella con una collega e dopo l’ennesima discussione, i due, decidono di lasciarsi.
Da questo momento in poi Giulio ha un graduale declino, infatti comincia a fare i conti con le spese che aumentano in seguito alla separazione: un’altra casa, un altro affitto da pagare, e poi ci sono le rate della macchina, la gita di Fabiola e l’apparecchio di Luca, il mantenimento alla famiglia e le rate del mutuo. Insomma, Giulio finisce a vivere in una squallida pensione vicino alla stazione Termini e a scaricare cassette di frutta ai mercati generali di notte. Ma comunque non basta e le cose continuano a peggiorare fino a toccare il fondo, fino a quando poi, la vita ci insegna, non si può far altro che risalire. L’interpretazione di Mastrandrea è straordinaria, la sua trasformazione psico-fisica durante le vicende del film è totale e straziante. Lo spettatore è così coinvolto nella sua stessa angoscia da sentirsi sprofondare nelle poltrone e prova un solo desiderio: arrivare alla conclusione del film e veder finire la condanna di quest’uomo, solo e in preda alla disperazione.
La situazione descritta da De Matteo potrebbe apparire surreale, grottesca, un’esagerazione, ma nelle grandi città, in particolare qui siamo a Roma, questi sono dei possibili scenari, di cui anche i servizi sociali ormai si sono accorti. Ciò che forse si rivela assurda è la dignità mostrata da Giulio/Mastrandrea, il protagonista indiscusso della vicenda, che non rivela il suo status quasi clochard a nessuno, né amici né figli e tantomeno moglie, una freddissima Bobulova che non convince per niente.
Gli unici in cui trova comprensione, e a volte aiuto, sono gli emarginati che incontrerà durante la discesa agli Inferi, extracomunitari che popolano l’altra faccia delle nostre città e che ignoriamo.
La pellicola di De Matteo è una dura riflessione sui cambiamenti della nostra società, che però da buon capitolino non manca di sdrammatizzare con le tipiche inflessioni e battute della quotidianità romanesca, una società in cui l’equilibrio è precario e finché la famiglia è unita si resta in piedi, ma poi basta una sbandata, un’incomprensione, l’impossibilità di perdonarsi e tutto può crollare.
Angela Maria Centrone