Nella casa di François Ozon, la recensione
“Nella casa” è l’ultimo lavoro cinematografico del regista parigino François Ozon, che ha concepito questo lungometraggio ispirandosi liberamente alla pièce teatrale “El chico de la ultima fila” di Juan Mayorga, ma ponendo di fatto al centro della trama il complicato, misterioso e affascinante meccanismo del processo creativo: Germain, interpretato dall’ormai collaudatissimo Fabrice Luchini, è un professore di lettere al liceo Flaubert, ma è alquanto disincantato nei confronti dei suoi studenti che mostrano svogliatezza e pochezza di contenuti, finché non s’imbatte nel compito di Claude, un sedicenne silenzioso e solitario, il quale racconta nei suoi scritti i pomeriggi trascorsi nella casa “borghese” del compagno di scuola Rapha. In poco tempo Claude riesce a catturare l’attenzione del professor Germain, stuzzicando il suo voyeurismo, facendo leva sui suoi desideri mai realizzati -essere uno scrittore, avere un figlio- diventando l’unica evasione dalla sua vita insoddisfacente, borghese, dall’effimera arte contemporanea della moglie gallerista (Kristin Scott Thomas).
I due instaurano un legame simbiotico allievo/maestro, laddove a volte i ruoli si confondono e realizzano un parallelismo che richiama Sherazad e il Sultano di “Le mille e una notte”.
E poco importa chi sia Claude, le sue origini proletarie, la sua ricerca di normalità, la madre scomparsa, il padre invalido, la critica alla società borghese, perché tutto quello che noi vediamo è quello che lui ci racconta allo scopo di catturarci, appassionarci, ma potrebbe trattarsi di invenzione, perché in fondo quel che succede nella casa non lo sapremo mai per davvero, tutto può essere accaduto come non. E Ozon ci accompagna verso l’epilogo attraverso una regia ineccepibile e una sceneggiatura brillante, densa di riferimenti letterari nonché cinematografici a Pasolini, Hitchcock e Woody Allen, di cui in particolare si cita “Match point”, film capolavoro ed emblema dell’arte dell’inganno e della manipolazione, per concludersi con un finale che -citando lo stesso Germain- riesce a sorprendere, ma allo stesso tempo non poteva realizzarsi diversamente.
Angela Maria Centrone