il Tacco di Bacco

La grande bellezza di Paolo Sorrentino, la recensione

La grande bellezza di Paolo Sorrentino, la recensione
Alla soglia dei 43 anni, così come fu per Federico Fellini e il suo 8 e ½, Paolo Sorrentino si regala un film sul senso della vita, La grande bellezza per l’appunto, una pellicola ricchissima di citazioni al cinema e allo stesso Fellini. Jep Gambardella è un giornalista e scrittore con all’attivo un unico romanzo, che vive intensamente la mondanità romana con un po’ di noia e insoddisfazione, aspettando costantemente, ma senza grosse speranze, l’ispirazione per un nuovo libro. Su Toni Servillo nel ruolo del protagonista c’è poco da commentare: la sua bravura è indiscussa e il sodalizio vincente con Sorrentino è ormai assodato. Il film in sé per sé è forse un po’ deludente, perché invero il regista partenopeo non ci racconta niente di nuovo, ma lo fa in maniera strabiliante, con i cosiddetti fuochi d’artificio: la bellezza è la nostra vita, nelle piccole cose, nell’odore delle case dei vecchi, nelle donne, nell’essere sempre sé stessi ma mai uguali. Il fatto è che bisogna mutare il proprio punto di vista per accorgersi dei “fenicotteri rosa” che abbiamo intorno, per questo la bellezza va condivisa, non la si può tenere sotto chiave, perché altrimenti non la si vede più. A volte la quotidianità degli altri ci sembra migliore della nostra routine straordinaria, ma la realtà è che niente è meglio o peggio, c’è solo questa vita e poi la morte, di cui non ci è dato sapere, per cui è conveniente occuparsi della prima e farlo al meglio. C’è poi chi si aggrappa a ciò che ha perduto, perché ritrova la bellezza nella nostalgia dei ricordi di infanzia, del primo amore, dell’ultima cosa che ci sembra autentica, perché della menzogna resta ben poco, resta un relitto, nella menzogna si è soli, ma quando si ha il coraggio di dirsi la verità, allora si può intravederla ancora, la bellezza. Sorrentino si diverte e ci diverte, esagera e sorprende con immagini di feste orgiastiche e visioni di una Roma onirica, per risolversi nel ripartire dalle “radici”, come il Guido Anselmi di Felliniana memoria, parlando del “niente” che probabilmente allo stesso tempo è tutto quello che abbiamo. Angela Maria Centrone

24/05/2013 09:30
Angela Maria Centrone

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