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"Smetto quando voglio": una pellicola di Sydney Sibilia che racconta la rivolta dei laureati su modello della serie Breaking Bad

"Smetto quando voglio": una pellicola di Sydney Sibilia che racconta la rivolta dei laureati su modello della serie Breaking Bad
Ricercatori universitari costretti a fare i lavapiatti: storie quotidiane dell’Italia in Crisi di cui non ci si stupisce più. I drammi sulle difficoltà quotidiane di chi lotta per arrivare a fine mese non sono mancati (vedi Gli equilibristi di Ivano De Matteo), ma perché non riderci sopra, magari rispolverando l’atmosfera di misera allegria de I soliti ignoti? Ci ha pensato il regista esordiente Sydney Sibilia, radunando un cast di tutto rispetto in Smetto quando voglio, in uscita nelle sale il 6 febbraio. Pietro Zinni è un brillante ricercatore universitario di 37 anni, ma viene licenziato a causa dei tagli imposti al suo ateneo. Senza prospettive, decide di formare una banda, reclutando alcuni ex colleghi ormai rassegnati a svolgere lavori umili e saltuari, per sintetizzare e smerciare una nuova droga. Così latinisti ormai costretti a fare i benzinai, chimici aspiranti camerieri e archeologi stradini, uniranno le forze improvvisandosi novelli “Scarface”, con improbabili e imprevedibili effetti comici e collaterali. Vi presentiamo il primo trailer, dal quale si respirano diverse atmosfere, dal Guy Ritchie di The Snatch fino al già citato capolavoro di Monicelli, senza dimenticare un evidente (e dichiarato) omaggio alla serie Breaking Bad. Il regista ha recentemente dichiarato, in un’intervista a La Repubblica: “Sono partito da un articolo che parlava di laureati in Filosofia con 110 e lode che facevano i netturbini, felicemente rassegnati, che nell’alba romana dissertavano sulla Critica della ragion pura. Era interessante l’idea che solo in una società come la nostra i più intelligenti finiscono ai margini. Ma Smetto quando voglio non è film sul precariato, ne ha intenti di critica sociale. È una commedia che speriamo faccia molto ridere il pubblico”. Una commedia tout court, dunque, interpretata da alcuni dei più interessanti (ex) giovani del panorama italiano, a partire dal protagonista Edoardo Leo (18 anni dopo e Viva l’Italia), passando per mezzo cast della serie tv (e poi del film) cult Boris, con Valerio Aprea, Paolo Calabresi e Pietro Sermonti, e chiudendo con Libero de Rienzo (Fortapàsc) e Stefano Fresi (Romanzo Criminale), senza dimenticare Neri Marcoré nel suo primo ruolo da villain. Una commedia destinata a offrire anche qualche spunto di riflessione, dal momento che se gli intenti criminosi dei protagonisti sono frutto della fantasia, le storie alla base del soggetto sono drammaticamente vere: “Tutte le storie sono vere. E nella realtà ne ho scoperte altre talmente surreali che la gente non ci avrebbe creduto. C’è una scena in cui l’antropologo cerca di essere assunto dallo sfasciacarrozze, ma gli scappa un termine colto. Allora prima nega, poi parla della laurea come di un errore di gioventù. La storia l’ho copiata da una scena vista sotto casa mia, a San Lorenzo: un ragazzo della Sapienza che cercava di essere assunto dal fruttivendolo marocchino. C’è un mondo di persone che sono inadatte alla vita pratica. Se le togli dallo studio non sanno cosa fare. I due netturbini filosofi li ho trasformati in benzinai latinisti che litigano in latino. Esiste davvero l’archeologo ultraprecario che soprintende gli scavi e si deve far pagare il panino dagli operai, e il biologo che fa il cameriere al ristorante cinese. Non sono riuscito a mettere nel film la storia reale di un ragazzo, laureato in matematica pura, che ha fatto un corso e lavora come improvvisatore. I genitori sono molto più felici di un figlio improvvisatore di un matematico. Una situazione talmente assurda che se l’avessi messa nel film nessuno ci avrebbe creduto”. (Fonte Cineblog)

14/01/2014 18:18
Angela Maria Centrone

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