Philomena di Stephen Frears, la recensione
"Philomena", ultimo film di Stephen Frears, candidato a quattro premi Oscar, racconta la storia di Philomena Lee, una donna irlandese che dopo 50 anni decide di mettersi alla ricerca del figlio avuto da adolescente e che era stata costretta a dare in adozione.
La trama potrebbe risuonare banale: suore perfide e bigotte, bimbi perduti, mamme adolescenti...ma ciò che rende Philomena un film assolutamente delizioso è sicuramente la sceneggiatura, basata sul romanzo
The lost child of Philomena Lee di Martin Sixsmith, giornalista che aiutò la donna nella sua ricerca, e che fondamentalmente è imperniata sul rapporto tra Sixsmith e Philomena.
Lo spettatore forse dovrebbe provare più dispiacere per la povera donna, un'ex infermiera di bassa cultura dai gusti commerciali, ma accade che ad un certo punto è proprio Sixsmith quello per cui si prova compassione, intrappolato com'è nel suo intelletualismo cinico e sprezzante.
Emblematico è un dialogo fra i due in cui Sixsmith afferma:
Ma io sono arrabbiato! e Philomena ribatte:
Deve essere estenuante! e che è, forse, il tema portante dell'intera pellicola.
A dar voce, corpo e anima a questi personaggi così complessi poichè reali, troviamo una favolosa Judi Dench nel ruolo di Philomena, e Steve Coogan, nonchè co-sceneggiatore assieme a Jeff Pope, nei panni di Martin Sixsmith.
I due insieme sono assolutamente straordinari: divertono e commuovono allo stesso tempo, instaurando una sintonia che inizialmente sembra impossibile. La positività "sempliciotta" di Philomena riesce a contagiare anche l'ormai scettico Martin e a dargli una vera e propria lezione di vita.
Un film sulla ricerca della serenità interiore, della giustizia morale e della leggerezza d'animo.
Angela Maria Centrone