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Normativa sul CBD in Italia

Normativa sul CBD in Italia

È da diversi anni ormai che si sente parlare di Cannabis legale o Cannabis light.

Questo prodotto ha riacquistato popolarità con la scoperta, da parte di numerose ricerche scientifiche, dei benefici che il cannabidiolo (abbreviato CBD) ha sull’organismo umano.

Ed è proprio grazie alla rinnovata fiducia nella canapa che è nato il negozio Justbob e tanti altri store, fisici e online, che commercializzano i derivati di questa pianta. Ma è legale? Sì, anticipiamo subito che la commercializzazione e l’utilizzo di Cannabis light avviene nel rispetto della legge italiana. Nell’articolo che segue andremo a spiegare nel dettaglio cosa sia realmente il cannabidiolo e a fare un po’ di chiarezza circa la normativa che ne regolamenta l’utilizzo.

Cannabis legale e CBD

All’inizio dell’articolo abbiamo utilizzato i termini “rinnovata fiducia”, riferendoci alla canapa. Non è un caso. Per diverso tempo, nel corso dei secoli, la canapa sativa (Cannabis s. Linnaeus 1753) ha avuto un ruolo fondamentale in medicina e in diversi settori industriali, fino a quando venne bandita, e di fatto demonizzata, attraverso una campagna anti-Cannabis.

Nel 1937, infatti, venne emanata negli Stati Uniti, la marijuana tax act, una legge che ne proibiva l’utilizzo in qualsiasi ambito. Il proibizionismo però non durò a lungo e ad oggi la canapa ha riconquistato il suo posto nell’industria tessile, in agricoltura e soprattutto in ambito medico e farmacologico. È in questi ultimi due settori che la Cannabis esprime tutte le sue potenzialità, grazie ad uno dei suoi principali metaboliti: il cannabinolo appunto.

Sul CBD e la sua funzione c’è ancora molta ignoranza: spesso viene associato al THC, l’altro principio attivo della Cannabis, ma con caratteristiche diverse. La differenza principale è che il CBD non ha effetti stupefacenti, al contrario del tetraidrocannabinolo che altera la percezione psicofisica di un soggetto. Dobbiamo chiarire che gli effetti di questi due metaboliti sono simili, entrambi infatti agiscono come potenti antinfiammatori e antiemetici (riducono il senso di nausea) e anzi, il CBD aumenta l’efficacia analgesica del THC, prolungandone gli effetti. Contemporaneamente però, ne inibisce l’azione psicotropa, agendo da antagonista. Il CBD quindi, non induce alla dipendenza ed è per questo che può essere utilizzato in tutta sicurezza.

Effetti del CBD

Abbiamo già accennato che il CBD è un potente antinfiammatorio; adesso andiamo a scoprire nel dettaglio i benefici che può apportare al nostro organismo. Studi hanno dimostrato che il CBD mostra, in particolare, i seguenti effetti sul corpo umano:

  • Analgesici e Antinfiammatori: grazie al legame di questo metabolita con particolari recettori del sistema nervoso centrale, si è dimostrato il suo ruolo nella diminuzione del dolore cronico.
  • Antipsicotici: ricerche scientifiche hanno dimostrato che il CBD può essere un coadiuvante nei trattamenti delle malattie mentali, come schizofrenia e disturbo bipolare.
  • Antiemetici: riduce la sensazione di vomito e limita i disagi causati dalla nausea.
  • Anticonvulsivanti: studi recenti stanno convalidando l’ipotesi che il CBD possa essere utilizzato nel trattamento dell’epilessia.

Sono innegabili, quindi, i benefici derivanti dall’utilizzo del cannabidiolo. Nonostante ciò, la normativa che lo regolamenta è ancora poco chiara e lo lega a doppio filo con il THC.

Andiamo a scoprire perché.

Il CBD e la legge italiana

Secondo la legge italiana, la Cannabis è considerata pianta da droga, proprio per il contenuto di tetraidrocannabinolo che è, appunto, uno stupefacente. Ma la canapa contiene anche cannabidiolo, che non causa dipendenza, quindi perché penalizzare il suo utilizzo, che peraltro è anche benefico? Perciò, nel 2016 è stata emanata una legge che regolamenta la coltivazione e la commercializzazione della Cannabis in base al contenuto di THC.

La norma è la n. 242/16, entrata in vigore a gennaio 2017. A una prima lettura, questa legge non può che essere positiva infatti, non solo incoraggia la coltivazione di canapa sativa per combattere l’impatto ambientale in agricoltura e la perdita di biodiversità, ma finalmente dà un’indicazione sulla sua commercializzazione.

È qui che il cannabidiolo è legato al THC. Infatti, secondo la legge 242/16, la coltivazione è consentita senza richieste di autorizzazioni solo per quelle piante con un contenuto di THC uguale o inferiore allo 0,2% – con una tolleranza dello 0,6% – diversamente da quelle con una percentuale molto più alta di tetraidrocannabinolo, per le quali è necessario essere in possesso di specifiche autorizzazioni.

Avete notato che non si parla di CBD? Il cannabidiolo non è menzionato nella legge, quindi come viene regolamentato il suo utilizzo, anche in termini di consumo personale? A fugare ogni dubbio interviene l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), che chiarisce una volta per tutte che il CBD non è uno stupefacente, non causa dipendenza e ribadisce il contributo che questa sostanza apporta alla medicina.

Tutti salvi quindi, la Cannabis light (o Cannabis legale) è totalmente sicura e rispondente alla normativa, proprio perché non contiene il THC.

Conclusioni

Speriamo di aver risposto alle vostre curiosità, in ambito di leggi e normative circa la Cannabis light e il cannabidiolo. Di certo abbiamo chiarito che il CBD è sicuro, anzi benefico, e legale; perciò, se volete provarlo o semplicemente avete altre curiosità circa la Cannabis legale, fate un salto sul web.

12/11/2021 09:57
Alessandro

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