di Angela Maria Centrone
È stato un tripudio di applausi per lo spettacolo "La Ferocia", tratto dall'omonimo romanzo di Nicola Lagioia - vincitore del Premio Strega nel 2015 - in scena lo scorso fine settimana al Teatro Kismet di Bari.
L'attesissima trasposizione si è rivelata una potente opera teatrale, un dramma profondo che richiama in qualche modo l'aura delle tragedie greche. I registi Michele Altamura e Gabriele Paolocà, come moderni Sofocle, hanno contrapposto l'animalità che guida le azioni dei personaggi al contesto sociale pervaso da una rigidità altoborghese, ricca di ritualità sociali superficiali.
La forza di questo adattamento risiede, in primo luogo, nella sua abilità di ribaltare continuamente i due piani narrativi, coinvolgendo lo spettatore in un racconto noir, contraddistinto da una tensione costante e un'atmosfera che riflette la lotta tra istinto e civilizzazione.
In secondo luogo, è evidente l'affiatamento del cast, composto da Roberto Alinghieri, Michele Altamura, Leonardo Capuano, Enrico Casale, Gaetano Colella, Francesca Mazza, Gabriele Paolocà e Andrea Volpetti, magistrale nel rappresentare le sfumature dei personaggi, trasmettendo la complessità delle loro relazioni e dei loro conflitti interiori.
Apprezzatissimo è stato l'espediente della mascotte-rana, allucinogena comparsa portatrice di un tocco di ironia e, allo stesso tempo, come un antico oracolo, messaggera di atroci verità.
Le scenografie di Daniele Spanò e il disegno luci di Giulia Pastore hanno un ruolo fondamentale nell'evocare gli spazi intrisi di formalità, contribuendo a stravolgere la visione dello spettatore mediante un dualismo espositivo e sostanziale, che riflette la visione di Nicola Lagioia nella metafora della coccinella: simbolo della voracità e della freddezza che possono caratterizzare il comportamento umano in scala ampliata.
Prima dell'inizio dello spettacolo, è stato dedicato un pensiero al drammaturgo Enzo Moscato, scomparso lo scorso 13 gennaio.
15/01/2024 00:00
Angela Maria Centrone
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