il Tacco di Bacco

Meshell Ndegeocello al Teatro Piccinni a Bari

Meshell Ndegeocello al Teatro Piccinni a Bari

di Angelo Oliva

Il cartellone di Bari in Jazz si conferma, anche quest’anno, come una delle rassegne musicali pugliesi più raffinate e internazionali. La serata di venerdì 11 luglio al Teatro Piccinni, cornice meravigliosa per intimità e acustica, ha offerto uno di quei rari momenti in cui si può ascoltare davvero tutto: ogni sfumatura, ogni silenzio, ogni parola sussurrata

Meshell Ndegeocello non si limita a suonare: evoca, riflette, guida lo spettatore in un’esperienza densa di spiritualità, groove e spoken word. La lentezza, talvolta rarefatta, talvolta piena di tensione, ha trovato nel Piccinni lo spazio ideale per espandersi. Nessun brusio di fondo, nessuna distrazione: solo la musica, i corpi fermi, l’ascolto puro. Un privilegio raro, soprattutto rispetto ai concerti all’aperto, dove spesso il suono si perde tra chiacchiere e bicchieri.

Ad aprire la serata sono stati i membri della band Jake & Abe,  Jake Sherman alle tastiere e Abraham Rounds alla conga, con un set di quattro brani, alcuni tratti dal loro album Finally! mentre il primo è stato Heaven Help Us All (1970) un pregevole omaggio a  Stevie Wonder. La loro intesa e il timbro misurato del canto mi hanno ricordato i grandi cantautori americani come Michael Franks o Art Garfunkel: suoni levigati, emozioni lasciate galleggiare tra gli accordi.

Poi è salita sul palco lei, Meshell Ndegeocello, circondata da un ensemble straordinario: Justin Hicks (voce), Chris Bruce (chitarra), e i già citati Jake Sherman (Rhodes e Hammond) e Abraham Rounds (batteria, percussioni e voce). Il concerto si è basato in modo predominante sull’ultimo lavoro dell’artista, No More Water: The Gospel of James Baldwin (Blue Note, 2023), vincitore del Grammy 2024 come miglior album alternative jazz.

Tra i momenti più emozionanti, spiccano senza dubbio “What Did I Do”, ispirata particolarmente a quanto afferma Baldwin sull’esperienza degli afroamericanisegnata da una continua lotta tra accettazione di sé e oppressione esterna, qui la cantautrice mette a nudo il senso di colpa e redenzione che attraversa l’intero lavoro, e poi soprattutto “Love”, una meditazione soul che Meshell ha trasformato in una liturgia collettiva. La sua voce, spesso trattenuta, si apre all’improvviso come un varco emotivo, mentre il suo basso riempie la sala con una vibrazione calda e profonda.

Ne è passato di tempo dal dicembre del 1993, quando registrai il suo brano “Step Into the Projects” su una C60, infilandolo in una playlist che oggi ha il sapore della memoria urbana: UFO, US3, Jamiroquai, De La Soul, Guru, Queen Latifah, Gamut of Crime. Allora era groove e novità, oggi è rito e profondità. Eppure quella stessa energia, quella stessa urgenza espressiva, continua a scorrere nella musica di Meshell, trasformata, maturata, ma mai addomesticata.

L’intera performance si è rivelata una vera esperienza immersiva e palpabile, sospesa tra confessione, celebrazione e richiamo all’azione. L’artista ha saputo trasformare la sua coscienza musicale in una forma di servizio spirituale, facendo emergere una comunità silenziosa ma partecipe tra le poltrone del teatro. Un’esperienza profondamente intima, in cui la musica ha dialogato con le parole e con le ombre, nel segno di Baldwin.

Alla fine, dopo circa un’ora e mezza di immersione totale, Meshell ha lasciato il palco come era entrata: con grazia, con rispetto, con profondità. Il suo ultimo gesto è stato un invito che suona come promessa e come necessità. Pochissime parole:
 “Make love.”

Setlist:

 

  1. Intro with Jake and Abe set

 

  1. Baldwin Manifesto 1

     
  2. Eyes

     
  3. Travel

     
  4. What Did I Do

     
  5. Down at the Cross

     
  6. Uhura Sass

     
  7. Hatred

     
  8. Love

     
  9. Trouble

     
  10. Another Country

     
  11. On the Mountain



     

12/07/2025 00:00
lovelive

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