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Tutto quello che non sapevate sul Gin

Tutto quello che non sapevate sul Gin

Il gin è uno dei distillati più apprezzati e versatili al mondo, ma anche uno dei più fraintesi. Non nasce come base da cocktail, né come liquore da moda recente: ha un’identità botanica complessa e una storia che attraversa guerre, farmacie e rivoluzioni del gusto. È il distillato che più di ogni altro ha saputo reinventarsi, pur restando fedele a un principio semplice: l’aromatizzazione al ginepro.

Si beve in tutto il mondo, in purezza o miscelato, e si differenzia per stile, botaniche, metodo produttivo e tipo di alcol neutro di partenza. La sua popolarità è cresciuta a tal punto che, negli ultimi dieci anni, sono nate migliaia di etichette diverse, con un’esplosione di gin “locali” che reinterpretano la formula originale.

Dinanzi alla sempre maggior esigenza dei consumatori di potersi orientare tra i vari stili e produttori, si sono affermati online shop specializzati in gin delle migliori etichette; è grazie a essi che esperti e amatori, possono confrontare in modo più consapevole aromi, provenienze e metodi.

Questo, certamente, ha permesso al mercato del gin di “esplodere” come prodotto di nicchia. Vediamo come tutto è iniziato.

Storico, esclusivo e rivisitato: dalle origini a oggi

Nel XVII secolo, nei Paesi Bassi, si distillava un alcolato al ginepro usato come rimedio digestivo e antisettico. Da lì il passo verso la versione inglese è breve: gli inglesi, durante la guerra contro gli spagnoli nelle Fiandre, scoprirono questa “cura” e la importarono, facendola evolvere nel London Dry.

Da prodotto di farmacia, il gin divenne ben presto una bevanda popolare, al punto da scatenare, tra il 1700 e il 1750, la famigerata “gin craze”, una crisi sociale dovuta all’eccessivo consumo tra i ceti poveri.

Nei secoli successivi il gin perse terreno a favore di whisky e brandy, ma non scomparve mai. Rimase una costante in ambito militare (il gin tonic nasce nelle colonie britanniche, dove il chinino era usato contro la malaria) e nei bar d’albergo, dove cocktail come il Martini e il Negroni iniziarono a consacrarlo come distillato d’élite.

Oggi il gin ha vissuto una rinascita sorprendente. Dal 2010 in poi, l’interesse per le produzioni locali, per le botaniche non convenzionali e per i microdistillatori ha rivoluzionato il mercato. Ogni paese ha il suo gin: ci sono gin marini, floreali, affumicati, affinati in legno, prodotti con botaniche autoctone.

Tipologie, metodi, tradizioni: come si produce il gin?

Tutti i gin condividono una regola base: devono contenere ginepro, o meglio bacche di Juniperus communis, come ingrediente dominante. Ma oltre questa costante, esistono decine di varianti nel metodo. Può essere prodotto tramite infusione a freddo, ridistillazione con botaniche, o percolazione a vapore, usando alambicchi tradizionali o colonne.

Il London Dry Gin, nonostante il nome, non è necessariamente inglese, ma rappresenta uno standard produttivo: nessun additivo post distillazione, alta qualità degli aromi e una base alcolica neutra. Diverso è il Distilled Gin, che consente l’aggiunta di aromi naturali anche dopo la distillazione. Ancora più libero è il Compound Gin, spesso meno costoso e meno raffinato, ottenuto per macerazione semplice.

Le botaniche usate spaziano dalle più classiche (coriandolo, angelica, cardamomo) a quelle creative: alghe, scorze esotiche, fiori, spezie rare. Ciascuna di queste può modificare profondamente il profilo aromatico.

Perché è perfetto per la mixology?

Il gin risulta ideale per creare cocktail di vario tipo in quanto combina tre caratteristiche fondamentali: alta aromaticità, buona gradazione (spesso 40-47%) e versatilità. Si presta ad abbinamenti con tonica, agrumi, bitter, vermouth, spezie, zuccheri e fermentati, senza perdere identità.

Gin Tonic, Martini Dry, Negroni, Gimlet, French 75, Tom Collins sono tutti grandi cocktail con il gin. A queste si affiancano le creazioni più moderne, dove il distillato può essere spinto verso note erbacee, floreali, affumicate o speziate, a seconda delle botaniche usate.

Il gin, quindi, permette al bartender di lavorare sulla base aromatica senza compromettere la struttura alcolica del drink, e al produttore di lasciare una chiara “firma” di chi lo miscela.

16/07/2025 00:00
Redazione - il Tacco di Bacco

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