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Bari in Jazz, tra paradossi sonori e viaggi di pace al Minareto

Bari in Jazz, tra paradossi sonori e viaggi di pace al Minareto

di Angelo Oliva

C’è un luogo nel cuore della Selva di Fasano dove l’aria profuma di mare e macchia mediterranea, lì si erge il Minareto come un miraggio arabeggiante, architettura eclettica con  terrazze panoramiche, decorazioni orientali  e una torre che scruta dall’alto la valle e le colline. La residenza signorile del 1912, costruita da un artista e nobiluomo fasanese in stile moresco è la location di alcuni dei concerti del programma estivo del Festival “Bari in Jazz” che dal 3 Luglio al 4 Settembre si svolge in varie località della Puglia.  

Il palco è ancora una volta impreziosito dai maxi centrini di Bernardo Palazzo,  che in questa serata sembrano dialogare con i decori della facciata, così in sintonia da farci chiedere se la nostra tradizione di merletti sia stata, secoli fa, contaminata dall’arte saracena arrivata dal mare;  la risposta, forse, è scritta nei ricami stessi, ma intanto il festival prosegue, e la musica si incarica di tessere altre trame.

Il programma di Bari in Jazz ieri ha proposto un doppio set di ensemble dalle anime lontane ma unite dallo stesso istinto narrativo.

Paradox: il ritorno di Kekko Fornarelli Trio

È stato Kekko Fornarelli ad aprire la serata con il debutto, per ora solo dal vivo,  di Paradox, progetto che segna il ritorno in grande stile del pianista e compositore barese dopo quattro anni di silenzio. “Crossover”, lo definisce lui stesso a una domanda nel retropalco,  il genere di questo nuovo lavoro. E in effetti la sua performance è un dialogo tra piano, synth, basso elettrico e batteria che spinge il jazz oltre i confini, innestando elettronica e suggestioni cinematiche.

Fornarelli parla al pubblico con sincerità, raccontando il disorientamento degli artisti che ancora scrivono, registrano e producono dischi in un’epoca di ascolto liquido e gratuito. “Ho magazzini pieni di CD”, scherza, per poi invitare tutti a prenderne uno in omaggio a fine concerto. Il set prende quota con Phoenix, riflessione musicale sulla ricostruzione dopo le “ceneri” della pandemia, e tocca corde intime con One More Dance, dedicata alla madre scomparsa appena dopo il pensionamento, dopo aver dedicato la vita alla cura degli altri. Sul palco, il basso elettrico con pedaliera multieffetto di Federico Pecoraro è un fiume in piena: tecnica personalissima, zero slap, ma flussi serrati di note e un uso degli effetti che crea paesaggi sonori densi. Alessandro Rossi, dietro la batteria, è presenza discreta e magnetica: il suo tocco sembra guidare non solo il trio, ma anche i movimenti inconsapevoli del pubblico. 

A seguire il set di Momi Maiga, con la sua kora che chiede pace.

Momi Maiga, senegalese di nascita e spagnolo di adozione,  con il suo ensemble ha offerto un’immersione nelle contaminazioni tra Africa ed Europa.  I suoni delle 22 corde della sua kora s’intrecciano  col violoncello di Marçal Ayats , con le percussioni globali di Aleix Tobias, entrambi  catalani,  e con il  violino intenso del Messicano  Carlos Montfort.

Con Oceans, Maiga trasforma il Minareto in un porto emotivo: le onde lente delle percussioni, il battito grave del timpano  colpito con un mallet in feltro, il violoncello che prende le parti del contrabbasso… tutto racconta le traversate dei migranti e le loro attese sospese tra paura e speranza.

“Kairo”, ci spiega Momi, significa “pace” in lingua mandinka. Invita il pubblico a cantare con lui: “Se ognuno di noi chiede la pace, insieme possiamo farci sentire; da soli, no!”

La musica prosegue passando per ritmi afro puri e per brani che profumano di flamenco catalano, in un equilibrio che è insieme radici e contaminazione.

Ancora una volta, la direzione artistica di Bari in Jazz e la cooperativa Abusuan dimostrano di saper scegliere proposte che uniscono ricerca ed emozione. E il Minareto, con i suoi ricami di pietra e luce, si conferma cornice perfetta per un festival che non ha paura di attraversare mari, confini e paradossi.

14/08/2025 00:00
lovelive

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